KICKBOXERS – Corey Yuen
Ivan Kraschinsky (Jean Claude Van Damme) è un fedele sicario della criminalità organizzato di Los Angeles, un temibile lottatore che spezza la gamba di un maestro di uno dei dojo della città, in quanto restio ad affiliarsi all’organizzazione. Il figlio Jason (Kurt McKinney), desideroso di vendicare il padre, si reca sulla tomba di Bruce Lee (Tai Chung Kim) per chiedere di essere addestrato, e questo inaspettato aiuto arriva proprio dal fantasma di Lee che prepara Jason alla rivalsa.
Trama a dir poco bizzarra per questo film di arti marziali che ricorda, specialmente, la saga di The karate kid per il processo di sconfitta – vittimismo – allenamento – vittoria, tipico dei film del genere, con particolare attenzione all’ambiente giovanile e scolastico, con la tematica sottesa del bullismo. La figura di Bruce Lee diviene sì simbolica, ma anche auto-ironica nel suo essere così ligio nell’addestramento e similare ai vari maestri (di solito anziani) che affollano il cinema di arti marziali. Curiosità: la tomba vista nel film è veramente quella di Lee che si trova a Seattle.
Le soluzioni di regia e montaggio non brillano di luce propria, preferendo come in molti casi similari indugiare sulla fisicità dei protagonisti e declinare ogni aspetto tecnico in secondo piano, raccogliendo le forze sino all’inevitabile scontro finale. Con un Jean Claude Van Damme ancora semi-sconosciuto e immerso in ruoli di secondo piano dove è il tipico cattivo russo (vedi anche Black Eagle, ma non dimentichiamo che l’atleta è belga per cui scontato suggerire un rimando alla guerra fredda), Kickboxers non trova in Kurt McKinney un corpo su cui catalizzare la scena, lasciando cadere nell’oblio intere sequenze, in attesa delle mazzate degli ultimi minuti. Utile solo a chi vuole completare la filmografia di Van Damme.