KICK ASS 2 – Jeff Wadlow
Le imprese del giovane supereroe chiamato Kick-Ass (Aaron Taylor-Johnson, Le Belve) hanno avuto un profondo lascito nella morale comune, spingendo molti cittadini ad improvvisarsi supereroi e scendere in strada per ripulirla dal crimine.
A capitanare il manipolo di improbabili paladini c’è il carismatico Colonnello Stars & Stripes (Jim Carrey), in un’ultracitazionista lega di supereroi chiamata Justice Forever, a cui finirà per unirsi anche lo stesso Kick-Ass. Perché un vecchio pericolo dal nuovo nome, The Mother Fucker (l’ex “Red Mist” Christopher Mintz-Plasse), stravolge l’equilibrio metropolitano. E soprattutto perché Mindy (Chloe Moretz, Hugo Cabret), mantenendo la promessa fatta al defunto padre e mentore Big Daddy, non ha più intenzione di spalleggiare Kick-Ass rivestendo i panni della piccola e letale Hit Girl. La quale, peraltro, deve ora affrontare un nemico assai peggiore: l’adolescenza.
Perché tanto scetticismo (ma quando si estinguono i “fenomeni” del web, affossatori a priori?) nei confronti di questo atto secondo? Ipotesi numero 1: Kick-Ass (Matthew Vaughn, 2010), primo adattamento cinematografico del fumetto di Millar e Romita Jr, è un film perfetto. Ipotesi numero 2: il cambio alla regia, con il subentro del poco titolato Jeff Wadlow (Never Back Down). Ipotesi numero 3: ottusi preconcetti da sequel. Scelgo la busta numero tre, ringrazio il dottore e vado avanti. Descrivendo Kick-Ass 2 come un secondo capitolo sicuramente meno sorprendente del precedente, ma altrettanto divertente e possibilmente più impegnato nell’approfondimento delle dinamiche umane dei due giovani protagonisti.
Senza mai dimenticare che Kick-Ass significa botte da orbi e sangue a profusione (anche questo sequel si becca il Rated-R) e la ricetta viene mantenuta tale, seppur con una tacca in meno di brillantezza e stupore. È altresì vero che Kick Ass 2 regala nuove gioie, con personaggi diretti al culto come Mother Russia, nerboruta combattente sovietica, o la nuova mise s&m di Chris D’Amico, un improbabilissimo restyling fra trash e cyberpunk.
Peccato che il nuovo interprete più atteso, il redivivo Carrey, sia sottotono e poco impiegato: sarà contento di passare in sordina, dato che l’attore faccia di gomma si è dissociato dalla promozione e dal supporto al film (e ai suoi contenuti inevitabilmente violenti) alla luce di eventi come la sparatoria nella scuola di Sandy Hook. Curioso, se non altro perché gran parte della produzione ha avuto luogo dopo i suddetti fatti.
Riguardo all’ipotesi numero 2, Wadlow non è solo un discreto sceneggiatore (quasi nessun buco nell’intreccio) ma anche un sapiente direttore d’orchestra quando la sinfonia si fa veloce e movimentata. E a proposito di musica, un altro elemento di continuità con il primo film è la rassegna di stupendi ed incalzanti tunes, che diventano il fiore all’occhiello delle sequenze d’azione: Danko Jones, Glasvegas, Joan Jett accompagnano le randellate in maniera sublime. Soprattutto quelle di Hit Girl, il personaggio più carismatico ed affascinante della saga. In gran parte merito della Moretz, non più solo enfant prodige ma vera e propria stellina che, a 16 anni, riesce a sbancare sia come esperta picchiatrice che come incerta liceale alle prese con le sofisticate coetanee. La sua combattuta eroina è un fiore di rara bellezza, conteso fra il diritto di combattere il crimine e il dovere di crescere. La vera e definitiva vittoria del film è la scelta di puntare dritto su di lei, sintesi dell’immaginario fumettistico più puro e, ancor più importante, dei retroscena emotivamente sofferti dell’essere degli irrealistici, meravigliosi teenagers mascherati.