JOHN WICK – David Leitch, Chad Stahelski
John Wick (Keanu Reeves) è un uomo distrutto dalla prematura scomparsa della moglie, a lungo malata. Pochi giorni dopo la morte della donna, John riceve da lei un dono postumo: un cucciolo di Beagle accompagnato da una lettera che esorta l’uomo a reagire, accogliere un essere vivente ed accudirlo. La scintilla della speranza torna ad accendersi in John, che ritrova nel cane una traccia della moglie. Ma una notte, una gang di criminali guidata dal sadico Iosef (Alfie Allen, Il Trono Di Spade) irrompe nella villa di John, ruba la sua preziosa Boss Mustang e, soprattutto, uccide crudelmente il suo piccolo quadrupede.
Iosef e soci non sanno di aver risvegliato la sete di sangue di un uomo dal passato tutt’altro che pacifico. La vendetta di John, “l’uomo che chiami per uccidere l’uomo nero”, sarà leggendaria.
John Wick è un mix di elementi mutuati dal cinema d’azione old school e di scelte estetiche e ritmiche derivanti da filoni più recenti, come le graphic novel moderne e relativi adattamenti. Così, se la tenebrosa e tagliente New York City e il protagonista “all black” sembrano usciti da un episodio di Sin City, altri elementi rimandano ai classiconi Vandammiani (e limitrofi) in cui l’ironia stempera puntualmente la violenza, la trama diventa poco più di un pretesto, e i cliché di buoni versus cattivi dilagano.
Non che sia un male, ovvio: in un film d’azione, è importante innanzitutto la cura dell’azione. E in questo i registi David Leitch e Chad Stahelski (che non a caso hanno lavorato in film come Matrix, V Per Vendetta e 300) non sbagliano un colpo. I colpi (di pistola, infiniti) non li sbaglia neanche il redivivo Reeves che è perfettamente a suo agio nei panni del cupo e bipolare protagonista.
Mentre scopriamo il suo passato criminale – memorabili i momenti all’hotel della malavita, una zona neutra e glaciale come la Svizzera – ci affezioniamo a lui come dello Schwarzy di Commando o dello Stallone di Cobra, e più cadaveri ammucchia, più ci divertiamo. Senza troppi calcoli di realismo o credibilità, felici che il cagnolino venga vendicato.
Un film tamarro e fiero di esserlo, da affogare in un cesto supersize di popcorn senza rimpiangere trame articolate, approfondimenti psicologici o credibilità balistiche. Ad amplificare l’impatto della missione vendicativa di John Wick altri attori di lusso (il buon Willem Dafoe, un malefico Nyqvist e un ambiguo Ian McShane) e suoni da stordimento rock-industrial perfetti per proiettare John Wick (il personaggio) verso la sua maestosa vendetta e John Wick (il film) verso una candidatura tra i thriller d’azione dell’anno.