IT – Andrés Muschietti
L’orrore segue un filo rosso (a cui è attaccato un palloncino) che attraversa il Maine e si ferma a Derry. Cittadina assonnata, poco invitante, per “losers” capaci di infestarla silenziosamente, chiusi nelle inadeguate casette monofamiliari che raccolgono ipocrisia e sadismo. Una nervatura di condotti fognari si snoda sotto di essa, come a raccoglierne il liquame e scaricarlo via, lontano … nutrendo con rancore e infelicità una creatura che ogni ventisette anni emerge per far esplodere la paura nella (della?) città e fagocitarla.
IT è tornato. Una delle creature più riuscite dell’immaginario di Stephen King, un’epopea letteraria che si snoda e converge in altre opere dello scrittore (La Torre Nera come 22/11/63), torna alla ribalta dopo la miniserie televisiva del 1990. A tirarne le fila è (il sopravvalutato) Andrés Muschietti, che ricordiamo per il (sopravvalutato) La madre, in una serie di esplosioni al box office con tanto di rating R. Teniamo da parte paragoni con l’immenso romanzo, tenendo bene in mente il divario di contenitore, e puntiamo sulle caratteristiche di questo IT: personaggio carismatico e decisamente riuscito (Bill Skarsgård), disegno poco più che abbozzato di una Derry malata, effetti digitali e facili spaventi tendenti al teen horror da home-video (nonostante la R), nucleo di ragazzini protagonisti non sempre azzeccati ed empatici.
La tensione regge, il circolo dei “losers” (appunto) ogni tanto traballa ma riesce a stare in piedi, il nucleo di bulli degenera in un crescendo troppo improvviso e poco concreto, le atmosfere che mescolano buio e cunicoli con ampi spazi di luce e verde sono efficaci ma … la continua ricerca di scene di paura ad effetto diventano eco di spaventi a buon mercato, enfatizzati da sbalzi di volume e digitale non sempre riuscito. Queste calate sfrondano il sentimento di puro terrore che dovrebbe, invece, nascere dal basso, dalle fondamenta di una città marci(t)a, dagli scheletri dentro gli armadi, dalle infinite attese e dalla costante presenza non di un clown ma di un’entità arcana, mistica quanto concreta e letale.
Piacere estremo di rivedere su schermo una figura mitologica come Pennywise, di cascare nuovamente nelle fogne di Derry ma, al contempo, delusione di visionare un horror come tanti altri.
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