IN TRANCE – Danny Boyle
Questa è la storia di Simon (James Andrew McAvoy) e della disperata ricerca di un quadro che vale milioni di dollari e da cui, soprattutto, dipende la sua vita, anche se “nessuna opera d’arte vale una vita umana”. Siamo a Londra, in una stimata casa d’aste, finalmente è giunto il momento del dipinto “Streghe nell’aria” di Francisco de Goya, “Il padre dell’arte moderna e il primo grande pittore della mente umana”, ma qualcosa va storto … per tutti.
Una banda di criminali, capeggiata dall’intrepido Frank (Vincent Cassel), ha organizzato il furto di questo celebre dipinto, tutto è stato organizzato nei minimi dettagli ma Simon rompe tutti gli schemi, quello dei buoni e dei cattivi. Un imprevisto genera una serie di eventi che proiettano tutti i personaggi in un vortice ipnotico; Simon ha battuto la testa, non ricorda. Qui entra in scena Elizabeth (Rosario Dawson), la conturbante ipnoterapeuta che mette in subbuglio i ricordi di Simon nell’estenuante ricerca della verità.
Iniziano le sedute di ipnosi, progressivamente riaffiorano ricordi pericolosi, l’intreccio s’infittisce, la pazienza inizia a scarseggiare, la confusione impera sovrana e il disorientamento lambisce chiunque sia coinvolto in questo rischioso guazzabuglio introspettivo.
Boyle e Hodge costruiscono un’atmosfera onirica, tessono la trama dei ricordi, sciolgono i nodi che vengono al pettine con ripetuti colpi di scena che si susseguono per dare consistenza ad una storia che implode. Il camaleontico regista questa volta ha toppato. Danny Boyle confeziona una pellicola che non ipnotizza lo spettatore, idem per lo sceneggiatore, abile nell’analizzare a fondo la storia dove, in realtà, non occorreva approfondire, rendendola ridondante e, viceversa, abbozza soltanto i frangenti dove un maggiore approfondimento sarebbe stato utile.
Realtà e sogno, amore e ossessione, passione e razionalità, buoni e cattivi, concetti dal labile confine dove tutto si mescola creando nuovi (im)prevedibili scenari. Un plot inflazionato e trattato in modo banale.
La vera protagonista è lei, Elizabeth. La sua voce è come un canto di sirena, abile manipolatrice della mente umana, ammalia e distorce la psiche ma anche la realtà, smette di essere una vittima degli uomini e inizia ad usarli come dei burattini. Il suo è un personaggio forte che si presta ai molteplici cambi di registro, è la mente del gruppo, ha tutto sotto controllo, con la sua voce rassicurante avvolge tutti tra le sue braccia guidandoli verso nuovi confini da lei tracciati. Successivamente, da Penelope tessitrice di eventi e sirena incantatrice, si trasforma in una misera mortale che usa l’arma più antica del mondo per raggiungere i suoi scopi anziché adoperare il potere della mente tanto decantato. Forse si tratta di una manovra astuta per alzare il calo dell’attenzione degli spettatori con un aumento del desiderio, idem per la scelta della musica.
In trance non può che essere considerato come un passo falso rispetto alla media a cui ci ha abituato Boyle, una variante sul genere di cui nessuno sentiva la necessità.
Frase del film: “Se mi arrabbio divento una vittima, io ho voltato pagina, questa è l’unica vera vittoria”.(Elizabeth)