IL TRONO DI SPADE – Season 6
Jon Snow e Sansa Stark sono destinati a incontrarsi nuovamente, raccogliendo le forze intorno a loro per lottare contro il temibile Ramsay Bolton e suggellando la fine di uno dei bastardi in un lago di sangue. Bran continua una sorta di addestramento e pellegrinaggio, durante il quale scopre la genesi degli Estranei, rischiando di morire assaltato proprio da questi ultimi.
L’Alto Passero e Cersei Lannister non possono far altro che giocare le ultime cartucce, uno di loro deve cedere il passo all’altro e l’unico modo per farlo e distruggere l’avversario. Theon e Yara Greyjoy si ritrovano contro un comune nemico: lo zio Euron ritornato per strappare con la forza la corona al re Balon. Daenerys e Tyrion affrontano con determinazione e astuzia la rivolta a Meereen, riconquistando il potere e aggiungendo nuova forza alle proprie truppe con l’ingresso dei Dothraki. La Casa del Bianco e del Nero vede il proseguire dell’allenamento di Arya, ma la giovane Stark non è più così convinta di diventare una donna senza identità, annientando il proprio passato.
David Benioff e D.B. Weiss, showrunner della serie, oltrepassano le pagine dei romanzi di George R. R. Martin, affrontando l’evoluzione delle intricate trame e gli intarsi caratteriali in autonomia. Il risultato supera ogni aspettativa, in quanto l’infrastruttura diventa meno contorta, concentrandosi sugli eventi in corso e diminuendo i momenti di stasi, fondamentali nei romanzi per costruire il giusto pathos e completare la descrizione del pantheon mitologico di figure che costituiscono Il trono di spade.
Questo elemento, naturalmente, ha dei pro e dei contro: aumenta il ritmo, chiude (o trascina verso la conclusione) diverse sotto-trame, incastra senza intoppi frammenti di storie non ancora intrecciate, al prezzo di allentare le maglie della tensione, sacrificare l’approfondimento di alcuni personaggi secondari e rendere ambigui alcuni eventi/situazioni (la direttrice narrativa di Dorne non è per nulla approfondita, gli eventi a Braavos avvengono tempestivamente, rimane più ambiguo del solito il comportamento di Lord Varys causa mancato minutaggio e così via).
Sotto la spinta epica della colonna sonora di Ramin Djawadi, sangue e sudore si mescolano all’odore di morte in episodi cardine come “Sangue del mio sangue”, “La battaglia dei bastardi” o “I venti dell’inverno”, dimostrando capacità tecniche superlative per un telefilm (e non), costruendo le scene con perfetta cognizione di causa, tra incedere drammatico e action, incursioni nel fantasy e stoccate all’horror. Vince e trionfa la linearità, perde pezzi l’intricato intarsio delle fondamenta.