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IL MIELE DEL DIAVOLO – Lucio Fulci

Written by Giulio De Gaetano

Il miele del diavolo, che dolci ricordi di un’epoca, gli anni ’80, che attira ed allo stesso tempo incute timore. Giacche con le spalline, trucco pesante, capelli cotonati e sottofondo di New Wave, questi i dettagli che ci tornano alla mente appena si tenta di ricordare quel periodo. Molto è stato dimenticato, sbeffardato, pensando che ormai l’estetica anni ’80 fosse “has-been”, kitsch, quasi ridicola.

Malgrado ció, negli ultimi anni questo periodo è stato rivalutato e la moda, la musica o ancora il cinema hanno ripreso gli elementi propri all’estetica “eighties” rivisitandoli in chiave attuale. Il risultato è spesso molto interessante e il fenomeno in sé ha permesso di riportare alla luce tesori nascosti come il film di Lucio Fulci. Guardiamo quindi il film piú in dettaglio e scopriamo cosa lo rende memorabile.

Una giovane donna, perdutamente innamorata di un sassofonista è la protagonista di questo thriller erotico in chiave BDSM. La loro relazione, basata su un rapporto sadomasochista, culmina in momenti di umiliazione e sottomissione raramente visti. La protagonista è costretta (ma lo è davvero?) dal suo amante ad abbandonarsi a continui giochi erotici di sottomissione e, non riuscendo a ribellarsi, prova piacere nel giocare il ruolo della vittima indifesa, della donna usata e abbandonata. Un incidente (scena degna di lode!) condurrà il sassofonista ad uno stato di coma profondo ed il chirurgo, a causa di una negligenza durante l’operazione (ha la mente annebbiata da angoscianti problemi di coppia), ne causerà accidentalmente la morte. La donna deciderà di vendicarsi, prima con telefonate minatorie, poi con il rapimento del chirurgo che diventerà la sua vittima (torture a sfondo sessuale). Tra vittima e carnefice nascerà quindi un rapporto malato basato sulla violenza e le torture psicologiche.

In riassunto del film è già di per sé un programma, ma sono le immagini e la musica che accompagnano questa storia, perversa e malsana, a fare da amalgama al tutto. La scena di seduzione con il sax è ormai entrata negli annali della cinematografia bis e rimarrà a lungo nell’immaginario collettivo come la sequenza erotica piú esilarante degli ultimi trent’anni. Come rimanere indifferenti di fronte a tale sfrontataggine e coraggio? Voglio dire, d’accordo che il contesto permetteva forse una maggiore audacia e concediamo pure il fatto che la commedia erotica negli anni ’80 era particolarmente in voga, ma non si puó negare che mostrare un orgasmo “musicale” è comunque qualcosa di altamente sovversivo.

Non dimentichiamo poi l’altra scena memorabile dove il chirurgo impotente, preso in un vortice di perversione, si eccita guardando una prostituta che si dipinge il corpo con uno smalto rosso. Una scena degna di Pepi, Luci, Bom di Almodovar con quel qualcosa, quella perversione squisitamente italiana, erede di film quali I corpi presentano tracce di violenza carnale di Sergio Martino o ancora commedie erotiche quali Giovannona coscia lunga, disonorata con onore, sempre di Martino.

Con Il miele del diavolo Fulci sottolinea ancora una volta il suo gusto per le atmosfere morbose e le inquadrature originali che si fanno beffa della qualità della recitazione o dei decori. Un film come Il miele del diavolo non puó e non deve essere visto con preconcetti e non puó essere giudicato con dei parametri abituali. Qualsiasi film di genere, soprattutto se parliamo di cinema bis, deve essere apprezzato anche grazie alle sue “imperfezioni” (spesso segni distintivi del regista), ai suoi voluti o non voluti scivoloni di gusto, alle sue attrici scosciate e alla sua nudità spesso gratuita. Che fine avrebbero fatto certi capolavori del genere come Nude per l’assassino o ancora Macchie solari se ci fossimo limitati a guardarli con disdegno, giudicandone la qualità tecnica piano per piano, come dei patologi?

Lucio Fulci mette in scena un amore non convenzionale che disturba, ributtante a volte ma che non lascia indifferenti. Provocare delle emozioni nello spettatore, che sia anche rigetto, mostra comunque che il film ha lasciato una traccia, un segno e che la sua forza non si limita alle immagini ma deriva da un’atmosfera unica, intrigante. Che lo si voglia o no, Fulci, anche se alla fine di quello che potremmo definire come il suo “periodo d’oro”, non molla la presa e dimostra ancora una volta quanto il suo cinema, oltre all’universo zombie, possa essere possente e conturbante … un “péché mignon” per palati fini.

VOTO: 6.5/10

Regia: Lucio Fulci
Cast: Brett Halsey, Corinne Clery, Blanca Marsillach, Stefano Media, Paolo Molina, Bernard Seray
Fotografia: Alessandro Ulloa
Montaggio: Vincenzo Tomassi
Musiche: Claudio Natili
Italia, 1986

Posted in Cinema and Film and Giallo/Thriller and Indie and Medio/Lungometraggio by Giulio De Gaetano on novembre 2nd, 2011 at %H:%M.

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