IL COLLEZIONISTA – Federico Tadolini
In questo “brutto” mondo esistono persone che devono fare un “brutto” lavoro… ammesso che lo facciano senza sporcarsi la lingua; sto parlando del recensore! A volte provo lo smodato bisogno di spegnere, come fosse una cicca, la mia onestà critica in un posacenere ed iniziare a scrivere come fossi posseduta dallo spirito di un mentecatto teletubbies ma, non oggi. Ed ora… caliamoci nel fumoso e lugubre mondo delle recensioni.
Qualcuno mi fa silenziosamente scivolare sotto gli occhi qualcosa; si tratta di un cortometraggio. Inarco un sopracciglio e quasi sono tentata di dire: “Passo!”. Poi però la mera curiosità che mi divora le viscere mi spinge a guardare. Ora… cosa succede di solito a guardare qualcosa che l’istinto ti dice categoricamente di ignorare? Lo sapete vero? Bene. Eccomi dunque qui a parlarvi de Il collezionista di Federico Tadolini.
La storia mi è parsa desiderosa di apparire come una sorta di oscura matrioska. Chi è chi veramente? Chi colleziona chi?
Questo è un espediente che, se ben sfruttato, può dare risultati eccellenti in termini di confusione nello spettatore e colpi di scena. Tadolini sfrutta troppo poco questa arteria pulsante, banalizzando l’inversione di marcia del suo lavoro in maniera troppo scontata e frettolosa. E se viene a galla una discreta fotografia e una buona mano nell’afferrare le giuste inquadrature, la sciatteria di alcune imprecisioni spicca come un razzo di segnalazione. Nota di demerito anche per gli interpreti che si barricano dietro una recitazione blanda e davvero poco credibile.
Spesso questi lavori sono il frutto di una vera passione e spesso, anche di sacrifici; questo però non può essere un dito dietro il quale nascondersi, ma uno sprone a sfruttare fino all’osso ciò che si ha. Credo che Tadolini abbia una giusta vena sanguigna, ma credo anche che debba spremerla più a fondo cavandole tutto quello che può.