HAZARD JACK – David Worth
Ah, quanto amo gli slashers! L’unico sottogenere che, anche quando viene declinato in modo infimo e sconclusionato, scorre senza trascinare nel sonno e lascia una flebile ma garantita traccia di divertimento.
Questo accade anche con Hazard Jack, un film che ravviva prepotentemente la fulgida tradizione dei “so bad it’s good”, quelle pellicole talmente malriuscite e spudorate da diventare visioni esilaranti, gustose, quasi doverose. Vi interessa davvero sapere la trama? Sul serio? Beh, una dozzina di studenti di college occupa un ospedale abbandonato da anni, per trasformarlo nella sede del loro weekend all’insegna di paintball, sesso, birre e decisioni affrettate.
Equamente distribuiti sui due assi sensibili-spacconi e playmate-bruttine, i protagonisti si disperdono nei tetri (?) corridoi dell’edificio e cadono sotto i colpi del villain di turno: già, perché hanno profanato il luogo in cui si è rifugiato Hazard Jack, ex militare rientrato in patria con un disturbo post traumatico da stress di una certa portata. Jack è l’ennesimo figlio ripudiato da Jason e Leatherface, abbandonato in outfit da saldatore (o da muratore?) e cassetta degli attrezzi: per vendicarsi di oltre 40 anni di slasher migliori del suo, il gigante cattivo impugna trapano, sparachiodi e martello pneumatico e fa un po’ di bricolage su pelle ed ossa dei giovani malcapitati.
Siamo onesti, l’esito di Hazard Jack, sotto la lente critica, è più doloroso di un incontro al buio tra il mignolino del piede e lo spigolo in legno massello di una cassapanca: David Worth, che nel nutrito curriculum ha anche quel cult d’azione che è Kickboxer – Il Nuovo Guerriero (1989, con uno strepitoso Jean-Claude Van Damme), si paga una rata del mutuo con un film horror sciagurato, mai pauroso e con dei dialoghi che verrebbero rimbalzati anche al Cepu. Un cast impresentabile calato in dinamiche amico-sessuali completamente random, gettate nella mischia ad intervallare le agognate incursioni del maniaco, incornicia il disastro.
E allora come mai, scena dopo scena, sono sempre meno assopito e sempre più concentrato sui dettagli, mentre le risate mi distruggono? Perché, dopotutto, ci sono degli archetipi narrativi che nell’horror funzionano sempre. Il maniaco grande e grosso in caccia di carne fresca e peccaminosa è una soluzione light e rassicurante, citazionista e senza complicate morali a ingombrare la scena.
Il generoso bodycount di Hazard Jack va preso così, come un orripilante diversivo-di-mezzanotte, un nuovo mostro mascherato e sgangherato che è già culto.
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