GUIDA PER RICONOSCERE I TUOI SANTI – Dito Montiel
In un angolo del mondo, Astoria, la canicola annienta anime che vagano in cerca di un futuro che sanno di non poter avere. Dito, Antonio, Giuseppe e Nerf si muovono tra la noia delle giornate tutte uguali, spinti dalla violenza, dalla marijuana e dall’istinto sessuale surriscaldato da tre ragazze. Un ghetto macchiato dai graffiti e dalla solitudine, dalla povertà e dal vizio, un punto sulla cartina geografica da cui Dito tenta di sfuggire, specialmente a causa del suo essere incompreso.
Un padre incapace di lasciargli seguire la propria strada, una madre dolce ma impotente, un quartiere dove Dito e costretto a tornare 15 anni dopo gli eventi della sua giovinezza … frastornati da un terribile evento.
L’affresco di un sobborgo stipato nel Queens che rappresenta diverse realtà mondiali, diventa luogo dove far (ri)vivere un rapporto padre/figlio complesso, flagellato dalla tradizione, da usi e costumi antichi inesplicabili in una realtà moderna. Basato sul romanzo/biografia di Dito Montiel, vincitore come miglior regia al Sundance Film Festival, GUIDA PER RICONOSCERE I TUOI SANTI non inventa nulla, ripropone atmosfere raccolte da C’era una volta in America come da Bronx o Quei bravi ragazzi, passando da City of God e accarezzando il tema della (difficile) crescita di Sleepers.
Nulla di nuovo come trama ma tanto da dire a livello emozionale, evitando (quasi sempre) cliché pseudo-drammatici hollywoodiani e costruendo una storia toccante in quanto vissuta di fronte i protagonisti, lasciando covare un desiderio di fuga intenso e immenso in un cammino ascetico che porta al ritorno a casa. Un ritorno flagellato da una semplice quanto devastante domanda sull’amore paterno, la cui risposta può annientare o disegnare un’intera vita.