GRAVITY – Alfonso Cuarón
Una stazione orbitante, Matt Kowalsky (George Clooney) al suo ultimo viaggio nello spazio e Ryan Stone (Sandra Bullock) non ancora esperta come il collega, si ritrovano a dover affrontare un incidente che li lascia dispersi per lo spazio, nella disperata ricerca di un modo per non finire senza appigli nel vuoto cosmico, con la Terra ferma come ancora di salvataggio in fondo all’orizzonte.
Gravity è un film relativamente piccolo dove l’uomo si trova ad affrontare la solitudine e la (lenta) corsa per salvarsi la vita, in un crescendo di tensione che invece di spappolare la mente e lo spirito dei naufraghi, rilascia l’endorfina necessaria ad osare sempre di più, a concentrare tutte le energie in un unico gesto capace di destinare all’oblio o infondere una flebile speranza. Alfonso Cuarón (I figli degli uomini, 2006) dirige con mano ferma e cipiglio oltranzista, senza tralasciare alcun particolare, sorprendendo per la capacità di districarsi tra le invenzioni della computer graphic, mescolando azione, dramma, avventura alla fantascienza, in un percorso quasi iniziatico scandito dal silenzio dello spazio.
Nella perfezione di un cast assolutamente in parte, specialmente Sandra Bullock, Gravity fornisce un’idea non nuova di sci-fi ma ne conosce a menadito i tempi e le cadenze del metronomo, costruendo via via un episodio sofferto e malinconico, del tutto inedito per un blockbuster.