FLAMING CREATURES – Jack Smith
Sicuramente a tutti i lettori è capitato di parlare e leggere di cinema underground. Spesso cinema di concetto, poco commerciabile, incompreso, in rottura con schemi di fruizione e distribuzione. Un lavoro con ben poche attrattive e immeritevole di troneggiare in copertine di webzine o magazine. Underground appunto.
Anche l’underground, però, ha i suoi personaggi “notabili”. Jack Smith è uno dei pionieri, ma potremmo dire tranquillamente che è il fondatore del cinema d’avanguardia Americano, un uomo capace di dare una stoccata al mondo dell’arte. Il suo lavoro ha ispirato molti registi o artisti (John Waters, George Kuchar, Richard Kern, Ela Troyano, Andy Warhol), lasciandogli comunque mantenere una certa distanza dagli usi e costumi delle alte sfere cinematografiche. Erano i primi anni ’60, il mondo si era risvegliato dal torpore post-decennio del dopoguerra, nuovi suoni attraversano le strade, Marlon Brando ed Elvis avevano raggiunto il successo, James Dean e Marylin Monroe erano morti, quando uno stravagante regista lancia il suo urlo.
Flaming creatures, un inno alla libertà di espressione, di parola, di essere. Una secchiata d’acqua gelida in faccia ai critici che trovarono questo film volgare, pornografico, degenerato, disgustoso, riuscendo così a far sorridere beffardamente il buon Smith, conscio della materia toccata. Jack Smith, in Italia illustre sconosciuto, con Flaming Creatures decostruisce le canoniche tecniche cinematografiche, manipola la luce, utilizza una pellicola scaduta, presenta un film che sembra girato a cavallo tra gli anni ’20 e ’30, senza dialoghi, senza alcun (apparente) schema narrativo, con personaggi raffinatamente truccati come d’uso in quegli anni.
I protagonisti non sono veri e propri attori, oggi etichettabili come freaks, che si muovono sulla scena senza seguire alcuna sequenza narrativa, privati della propria pudicizia a causa di una telecamera che scorre lungo i corpi, intrecciandoli senza alcun nesso, come se fossero delle immagini rubate durante un’orgia. L’occhio del regista stampa su pellicola i comportamenti di questo “fiammeggiante gruppo”, i loro giochi sessuali, le loro abitudini. Esseri che si muovono, si toccano, si scoprono, la cui vita diventa arte. Eccessivo, eccentrico, onirico, autenticamente trasgressivo.