EYE OF THE STORM – Christopher Alender
Un navigatore solitario scorge in lontananza una linea luminosa, punto centrale di una qualche bufera, e salpa sulla sua nave volante verso quella direzione accompagnato solo da un piccolo drago. Durante il viaggio si libera di tutti i suoi averi, uno ad uno, e appena si fa più vicino alla meta si separa anche dall’animale, a cui restituisce la libertà. Che cosa lo attenda nell’occhio della tempesta non è dato sapere, ma il viaggiatore aumenta la velocità e si siede in attesa del momento fatidico.
Eye of the storm incanta sotto numerosi aspetti, innanzitutto l’originalità della scelta dello stile steampunk, ma anche la cura dei particolari e l’uso dei colori per evocare emozioni e stati d’animo. Il navigatore senza volto inizia il suo viaggio attraverso un paesaggio meraviglioso, fatto di nubi dalle tenue tonalità rossastre, che si trasforma in un cielo cupo e minaccioso durante il temporale fino a diventare di un verde brillante man mano che ci si avvicina alla meta. Il film è stato scritto dal musicista e compositore Ben Lovett come rappresentazione della sua omonima canzone, ma personalmente trovo che le immagini superino assolutamente la musica, per quanto bella.
Nella scena finale, l’uomo senza volto si siede rivolto non verso la tempesta, ma verso ciò che rimane indietro. È come se il capitano solitario si fosse liberato di tutto ciò che lo legava al passato e si preparasse all’ignoto di una svolta verso una nuova vita, ma non riuscisse completamente a dimenticare ciò che si sta lasciando alle spalle. Il cortometraggio si presta a numerose interpretazioni, ma il significato metaforico recondito è uno: un viaggio verso il cambiamento e il rinnovamento … che difficilmente risulta facile e privo di rimpianti.