EPIZOO – Antunez Roca
“La performance è uno strato alterato di temperatura corporea, uno stato di abbandono e possessione travolgente, di cortocircuito e intensificazione sensitivi. Tra automutilazioni organiche e protesi innaturali, la performance ha sempre cercato di mutare le possibilità fisiche e coscienziali dell’essere.“ (da Il corpo postorganico di Teresa Macrì)
Lo spagnolo Marcel.Lì Antunez Roca negli anni 90, è stato uno dei maggiori esponenti di quel complesso di tematiche che affondava la propria ricerca nella corporeità estrema, l’ingegneria genetica, la performance e l’innesto cerebrale, superando la concezione di inumano/sovrumano per raggiungere uno stato corporeo post-umano. Marcel.Lì (Maià, 1959) nel ‘79 è stato il fondatore di la Fura dels Baus, gruppo di teatro estremo, e dell’Error-Genetico altro gruppo incrementato dall’artista. Con la Fura dels Baus risentiva di una condizione hippy seguendo ambienti del teatro di strada legati da una forte sensibilità punk e industrial.
Le potenzialità performative, il grande spirito collettivo e l’evoluzione autonoma di ogni replica, avvicinava, in qualche sfumatura, ad una plasticità che ricordava le azioni di Genesis P. Orrige, con i suoi Coum Transmission e l’Aktionismus viennese. Sul finire degli anni 80 Marcel. Lì abbandona la Fura per proseguire da solo il proprio cammino.
La body art EPIZOO (1994), l’opera forse più rappresentativa dell’artista, è l’osservazione di Antunez sulle conseguenze non più patologiche ma sociali di quella generazione anni ’80/inizio anni 90 che possiamo definire post-AIDS. E’ stata la patologia, che attraverso un terrore non solo collettivo ma principalmente mediatico, ha dato un nuovo senso del “divieto” sulla libertà sessuale non solo fisica ma scelleratamente anche di pensiero (questo magari ha protetto la politica del Vaticano).
Impostando una forma subdola di dittatura morale e favorendo una nuova classe social-razzista portatrice di discriminazioni, isolamenti, ansie collettive e un nuovo e florido mercato farmacologico, l’uomo nella sua paura ha iniziato a proteggersi assumendo un nuovo atteggiamento di difesa, abbandonando quella primitiva forma di relazione che per millenni ha sensibilizzato la sua coscienza all’istinto dell’accoppiamento.
Il senso di ripudio, dettato dal contagio, non ha fatto altro che ritirare il corpo in una sorta di tutela traumatica, un adattamento innaturale che gli ha permesso – dallo sviluppo dell’informatica in poi – di sensibilizzarsi ad un innovativo stato di correlazione, partorendo un’ironica conseguenza tecnologica riconoscibile in un veggente e drammatico preservativo.
EPIZOO, “epidemia dell’animale”, combina performance e installazione in una serie di congegni che riproducono le parti erogene del corpo immobile di Antunez. I pettorali, le narici, la bocca, le natiche e via discorrendo vengono stimolati da un computer a cui tali congegni sono collegati e con cui lo spettatore interagisce, azionandoli in qualsiasi momento. Lo spettatore diventa, quindi, non solo parte integrante dell’opera ma anche il partner occasionale di Antunez: una puttana che non fa male. Il corpo isolato non sente più tramite contatto ma, in quanto collegato, interagisce senza patire la frustrazione di un contagio perché gli impulsi sono sterili files a prova di rischio.
L’uomo, in questa maniera, si riduce ad un essere vittima di una conseguenza fobica che deteriora le sue capacità sia intellettive che istintive diventando un mero oggetto tra connessioni di sistemi di elettrovalvole e relé. La sua figura si tramuta in un ricevitore dove le sensazioni e le voglie, il superamento delle paure e il confronto tra l’uomo e il suo appartenere alla specie animale, si traspongono in una sincronia essenzialmente artificiale.
VOTO: 7.5/10
Regia: Antunez Roca