PROMETHEUS – Ridley Scott
Prometeo è colui che ha sfidato gli dei e ha regalato agli uomini non la vita eterna, non l’eterna giovinezza ma quella consapevolezza, quell’intelligenza, quella scintilla che guizza negli occhi, tipico dell’essere umano. Il fuoco che Prometeo regala all’umanità non è utile solo per ricevere tepore, per cuocere cibi, ma è il simbolo dell’intelligenza umana. La razza umana possiede innatamente delle caratteristiche che la collocano di diritto nel regno animale, pur non essendolo, o meglio egli è un animale particolare perché ha facoltà di scelta.
Il libero arbitrio ha da sempre contraddistinto la nostra specie animale da tutte le altre, questo anche con spiacevoli conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti, senza neanche dover volgere lo sguardo eccessivamente al passato. Ma siamo sicuri che la teoria di Darwin sia quella giusta? Davvero c’è stato un percorso di modificazione genetico-evolutivo derivato dall’adattamento della specie alle svariate condizioni ambientali susseguitesi nel corso dei millenni sulla Terra? Eppure la scimmia era ed è rimasta scimmia anche ai giorni nostri, alcune popolazioni africane (ad esempio) sono rimaste a vivere in condizioni che noi occidentali definiamo di povertà o inciviltà e, infine, come mai soltanto in un lasso di tempo brevissimo per la storia del mondo (figuriamoci per l’universo) la razza umana ha avuto un progresso intellettuale così elevato? Ognuna di queste domande ha riempito (e riempie) dozzine di tomi di libri di divulgazione scientifica e non, divenendo il fulcro di Prometheus, l’ultima fatica di Ridley Scott.
Un ricco magnate, Wayland, decide di finanziare una missione alla scoperta del pianeta e con esso (si spera) della popolazione che tanti millenni fa ha acceso la vita sulla Terra. Nel team composto da scienziati e piloti figurano biologi, geologi e tutti i massimi esponenti di tutto lo scibile umano, più il cyborg David (Michael Fassbender) e la figlia del magnate (Charlize Theron). Tra gli scienziati vi sono i due archeologi, Shaw (Noomi Rapace) e Holloway (Logan Marshall-Green), forti di un’indagine archeologica svolta in lungo e in largo sulla Terra, che ipotizzano un necessario contatto con una razza antropomorfa di statura di gran lunga più grande di quella umana e, soprattutto, più longeva, deus ex machina della razza umana. I due ricercatori notano delle coincidenze tra i loro ritrovamenti e altri dislocati nelle zone più remote della Terra, il che avvalora la tesi secondo la quale sarebbe stata una razza aliena a portare la vita sulla Terra, e mettono in primo piano per la ricerca l’incisione che rappresenta la costellazione da dove si presume siano arrivati gli “ingegneri” (come li chiama Shaw).
Ogni volta che l’uomo tenta di avvicinarsi a Dio scopre che il cammino che lo porta alla verità circa la sua natura è sempre tortuoso, ma non solo, tentare di sfidare in qualche modo Dio non ripaga mai l’uomo che, invece, si ritrova schiacciato dalla sua potente voce. Con Prometheus, Scott comincia una nuova mitologia, complice anche l’aperto finale, con cui viene riscritta la storia dell’umanità, la sua genesi, in una fusione di sacro e profano, scienza e religione, donando un fondo di verità a tutte le leggende narrate nei secoli e che perdurano sino ad oggi grazie alla tradizione orale e scritta.
Degno di nota il personaggio di David, impersonato da Fassbender, che in alcuni momenti assume il ruolo di grillo parlante, la coscienza che interroga l’uomo su quello che sta facendo e sull’intrinseca utilità di certe domande ( (e meglio ancora delle risposte). Sapere chi ha creato la vita sulla Terra serve solo a spostare il problema dal nostro ad un altro pianeta, senza la possibilità di ritrovare la sorgente unica della vita o almeno di comprenderne la logica. Ma Prometheus è anche il prequel di Alien, ed è curioso notare come da un piccolo particolare presente per pochi secondi all’inizio del film, quasi un banale dettaglio, Ridley Scott riesca ad accendere la miccia capace di scatenare quell’incendio di luoghi, personaggi e situazioni che è Prometheus stesso. Nel capostipite della saga di Alien, infatti, la creatura che viene affrontata proveniva dalle viscere di un’altra creatura, ridotta ormai alla stregua di un sarcofago vuoto. Ed è proprio questo particolare che affascina Scott e che viene utilizzato per la realizzazione di Prometheus, elemento che sembra voler essere esplicitato da David, che asserisce che i cambiamenti epocali hanno inizi quasi banali … apparentemente insignificanti.