X-MEN – Bryan Singer
Un campo di concentramento, la pioggia, il dolore, urla si un bambino che non vuole essere separato dai propri genitori. Più di un soldato deve accorrere per bloccare il bimbo che, sollevata una mano, riesce a piegare un cancello di ferro. Uno scatto d’ira, una forza inaspettata sprigionata con fermezza ed il bambino cade a terra.
Magneto e la sua brama di potere innescata dall’odio verso l’essere umano, si oppone al gruppo di mutati guidato dal Professor X, trascinato da un irrefrenabile Wolverine e coeso da Ciclope, Storm e Rogue. Inizia la lotta tra mutanti e umani, tra mutanti e mutanti, umani contro umani.
Bryan Singer lo ricordiamo principalmente per quel capolavoro dal titolo I soliti sospetti, un regista capace di utilizzare pochi elementi per miscelare una pozione ipnotica dal taglio noir, qui in ballo con tutt’altro tipo di musica e rivolto ad un orizzonte molto diverso. Riuscire a migrare un universo così vasto come quello degli X-men non è semplice, sia per esigenze di budget che di linguaggio cinematografico estremamente diverso, a maggior ragione se inserito in una cornice di appena due ore. Tuttavia l’obiettivo secondario (dopo gli introiti dell’operazione), cioè il placare lo scetticismo degli avidi lettori, può dirsi raggiunto, nonostante la natura ancora acerba del lavoro.
X-men mette in campo personaggi catchy come Wolverine, ben caratterizzato da Hugh Jackman, inizia a scagliare una rete di personaggi che vivranno di vita propria tramite spin-off, suggella la firma di Bryan Singer come autore della serie e punta ad un pubblico piuttosto variegato, ponendo le basi di un universo filmico in costante espansione. Certo, il proseguire coi piedi di piombo è la maggiore limitazione di questo primo capitolo, tuttavia i semi sono stati scagliati sulla nuda terra.