UNA BANDA DI IDIOTI – John Kennedy Toole
Ignatius Reilly è un eccentrico trentenne ciccione misantropo che vive con sua madre. Quando quest’ultima lo convince che è arrivato il momento di cercarsi un lavoro serio e, soprattutto, di riuscire a tenerselo, lui, pur furibondo, è costretto ad accettare …
Il 26 Marzo del 1969 venne ritrovata l’auto di John Kennedy Toole, scomparso da oltre due mesi: come nel più classico dei tristi epiloghi, il giovane trentunenne aveva collegato un tubo di gomma alla marmitta per far entrare il gas di scarico nel finestrino e aveva atteso che il monossido di carbonio lo addormentasse per sempre. “Ken”, letterato e amante della scrittura, oltre ad un biglietto dal contenuto ignoto, lasciò un testamento unico: il suo amato A Confederacy Of Dunces. Purtroppo il canto del cigno di Ken vedrà la luce troppo tardi e solo grazie alla costanza della sua anziana madre, che convinse con ostinata tenacia lo scrittore Walker Percy a muoversi per far pubblicare quel libro destinato a diventare un capolavoro. Valse all’autore un premio Pulitzer postumo e una miriade di estimatori, purtroppo anch’essi postumi. Ma la letteratura americana non smette ancora di ringraziare quella vecchia madre, forse vagamente descritta nel romanzo stesso per quel libro che, a differenza dei soliti dolori dei giovani autori, è una spettacolare farsa dal retrogusto più inedito ed innovativo che si possa immaginare.
Come altri gioielli emulati e mai raggiunti, Una Banda Di Idioti introduce un personaggio-leggenda nelle fattezze di un ciccione maleducato e accidioso, un filosofo pre-era hippy, una specie di John Belushi (come se lo immagina Stefano Benni nella prefazione alla Ottava Edizione di Marcos Y Marcos) con sangue intellettuale. È Ignatius Reilly, il nostro anti-eroe: costretto ad andare a cercarsi un lavoro a causa di un danno da ripagare, se ne andrà in giro per New Orleans rumoreggiando e masticando cibo scadente, organizzando scioperi proletari e insultando il prossimo, tra le sue flatulenze e la disperazione della povera madre e degli improbabili e meravigliosi personaggi che hanno la sfortuna di incontrarlo. Veniamo a conoscere così il vecchio Jones, lavapavimenti di un night club fatiscente diretto da una “nazista”, dove si esibisce una svampita che Ignatius, da una foto, immagina essere una bellissima intellettuale con cui vorrà scambiare pareri su Boezio; e poi la signorina Trixie, ottuagenaria segretaria (perennemente addormentata) delle decadute manifatture Levy con il suo direttore, il proprietario e sua moglie, benefattrice dispotica; e ancora un lettino massaggiatore, gli operai di colore in sciopero, un crocifisso nella sala degli impiegati, l’agente Mancuso e i suoi travestimenti: sono tutti insieme antagonisti di Ignatius, sono la Banda di Idioti (titolo epigrafato da una frase di Johnatan Swift) coalizzata contro di lui, il genio, l’incarnazione dell’autore, l’antipatico e travolgente profeta di quel nuovo millennio che non ha mai potuto vedere dal vivo. Come per l’Holden Caulfield di Salinger, Ignatius è un emarginato, animo ribelle in un’epoca che non gli appartiene; ma se Holden fa riflettere, sia che lo si ami o che lo si odi, Ignatius lo si detesta e basta, e, riflettendo, si ride fino alle lacrime, di gusto, un gusto mai amaro.
E di un ragazzone che ha fatto in modo che ridessimo a crepapelle dopo la sua scomparsa, possiamo solo sentire la mancanza.