TUTTI PAZZI PER ROSE – Régis Roinsard
Negli anni cinquanta una battitura a macchina precisa e veloce era ben più di una qualità richiesta alla segretaria modello: divenne una vera e propria disciplina, con istituti specializzati nell’insegnamento di stenografia e dattilografia e persino campionati di velocità.
Il regista Régis Roinsard (alla sua prima fiction, dopo il documentario Rendez-vous Avec Jane), rimasto stregato da questo microcosmo, lo ricrea cinquant’anni dopo in un film d’altri tempi, raccontato alla maniera di altri tempi. 1958: Rose Pamphyle (la belga Déborah François, L’enfant, La voltapagine) è una bella ragazza di un paesello dell’Alta Normandia, promessa sposa del figlio del proprietario di un’autofficina. Traduzione: il futuro di Rose è segnato, ed è quello di sorridente casalinga di provincia. Ma la ragazza, determinata e col sogno di segretaria, scappa e approda nella cittadina di Lisieux alla ricerca del lavoro e dell’avvenire sognati.
Il colloquio presso l’agenzia di assicurazioni di proprietà dell’affascinante signor Echard (Romain Duris, L’Appartamento Spagnolo, Bambole Russe) è un disastro, eppure nella svagata innocenza di Rose c’è un impressionante talento: la ragazza batte sui tasti della macchina da scrivere a gran velocità e con una precisione strabiliante. Per Echard, ex campioncino polisportivo, Rose diventa non solo la sua inseparabile segretaria, ma anche una potenziale gallina dalle uova d’oro per i suoi sogni di gloria riflessi. Sotto la guida del suo titolare, Rose diventa il “next big thing” della competizione dattilografica. Ma, tra affetti e risultati sportivi, i due si figureranno futuro e obiettivi molto diversi e, forse, incompatibili.
A proposito di compatibilità, quella fra i due attori protagonisti colpisce assai e tra loro sembra formarsi un’alchimia naturale, una di quelle che, per intenderci, permette di far buon viso anche alle sequenze più edulcorate e didascaliche.
Il film di Roinsard ne beneficia e in cambio offre alla François (dopo il trionfo di L’Enfant a Cannes 2005) una vetrina per innalzarsi di un ulteriore gradino sulla scala che porta al titolo di nuova Amélie. Nonostante il titolo a lei dedicato (a proposito, nuove gioie da parte dei traduttori italici che violentano l’originale Populaire) e quest’ultima considerazione, a prendersi il mio personale applauso è il suo partner Duris, sorriso da schiaffi, arrivista gentleman, scheggia impazzita che rimbalza fra amore e carriera, ambizione e frustrazione, gelo e calore.
Intorno ai due magnetici attori c’è un racconto che fa da cornice, c’è da seguire l’avvincente ascesa di Rose, fra turbamenti e citofonatissimi sviluppi affettivi, in una pellicola che a ben vedere è più che altro un’autogratificazione di Roinsard ed un omaggio narrativo ed estetico ai suoi tanto cari 50s. Di questi ultimi vengono ripresi maniacalmente ambienti, oggetti e colori; nel contempo, il regista opta per una soluzione di montaggio moderna e tambureggiante che funziona e regala dinamismo all’andatura del film.
I folli rituali dei campionati di dattilografia sono vere e proprie competizioni sportive, con allenamenti estenuanti, ansie da prestazione e la fama delle campionesse pari a quella dei divi musicali; il ticchettio frenetico sui tasti delle macchine da scrivere sono la cadenza del film, nel quale c’è anche spazio per uno sguardo en passant sull’impatto mediatico del “campionato del segretariato” (un’improbabile band suona persino il “Cha Cha Cha Della Segretaria” ad uno show televisivo).
Del resto, l’obiettivo di Tutti pazzi per Rose non può essere molto più di questo: intrattenere con frenesia, attraverso una diapositiva appassionata ed evocativa di un’epoca che sembra già remotissima. Che poi ciò avvenga maggiormente attraverso la verve dei protagonisti e l’impatto visivo, rispetto alla sostanza di trama, poco importa. Non siamo “pazzi” per la storia di Rose, ma ci piace.