THE SADISTIC HYPNOTIST – Greg Corarito
Il sottobosco delle produzioni di purissima exploitation degli anni ’60 ci hanno sempre regalato qualche gradita sorpresa, in particolare all’interno della vastissima produzione del cinema di puro richiamo in cui si versavano abbondanti dosi di sesso, droga e violenza, nonché veri e propri spettacoli dedicati unicamente al sadomaso e al torture show. Un universo deprecabile volto a placare gli appetiti più esigenti di un pubblico immorale e pervertito.
Recuperare oggi film come questo Sadistic Hypnotist (conosciuto anche come Wanda, the Sadistic Hypnotist) di Greg Corarito non significa solo acquisire testimonianze di un passato nostalgico ma dare alla luce pure perle demenziali in cui la pretestuosità della trama raggiungeva livelli grottescamente artistici. Questo misconosciuto tesoretto di fine sixties in particolare è addirittura un film nel film. Vediamo, infatti, mentre scorrono i titoli di testa, un tizio che scorrazza in automobile, si avvicina a una vetrina di porcellane cominciando ad avere visioni erotiche e, infine, entra in un cinema a luci rosse dove comincia il vero film, intervallato ogni tanto da un’inquadratura dei pochi spettatori in sala che guardano compiaciuti questa fine immondizia. Sullo schermo, invece, vediamo un sole splendente e un incidente d’auto. Il guidatore, Sylvester (Richard Compton), viene raccolto da due strane tizie, Wanda (Katherine Shubeck) e Greta (Janine Sweet), che lo trasportano nel loro lussuoso residence con piscina chiamato addirittura Sex Toy.
Qui Wanda rivela i suoi poteri ipnotici con cui soggioga l’infortunato e lo obbliga a subire una serie di penosissime e verosimilmente finte frustate. A questo punto irrompo un gruppo di teen ager svestite che si buttano in piscina, subito dopo comincia una sorta di festino sexy nel quale irrompe uno psicopatico fuggito da un manicomio, il quale dopo aver picchiato e violentato le tizie, fa comunella con Sylvester e manda in acido l’intero party (con LSD conservato in cucina!). Qui vediamo la parte migliore del film, tutta virata a colori psichedelici, musica pop ossessiva e fotografia delirante. Per il resto Colarito sembra girare con una cinepresa in Super8 con inquadrature sghembe, primi piani eccessivi e tremolii allucinogeni. Gli attori non sembrano tali, vista la cagneria generale ma almeno le attrici non lesinano a mostrare la pelle. Siamo comunque lontani dalle forme da top model del cinema mainstream e le dettagliate inquadrature del nostro Corarito non aiutano l’estetica generale. Rimane comunque un originale tentativo di inserire un senso artistico al cinema exploitation con l’espediente del film nel film che rimanda alla lontana a Truffaut, anche se, diciamoci la verità, è solo un altro pretestuoso espediente per mostrare culi e tette.