THE GRANDMASTER – Wong Kar-wai
La pioggia cade furiosa, diversi corpi circondano un uomo, solo ma apparentemente tranquillo. Il fluire dei corpi tra l’acqua inizia e l’uomo respinge ogni attacco in una danza che li vede scomparire via via nel buio della notte. Uno scontro di corpi rapido ma mai furioso nonostante la violenza, un cadere di gocce cadenzato mentre gli aggressori vengono ritmicamente abbattuti.
Fo Shan, sud della Cina, è la città dove abita Ip Man e dove il maestro Gong Baosen si trasferisce e tiene una cerimonia per celebrare il suo passaggio di testimone, nel nord affidato a Ma San e nel sud da decidere in seguito ad una serie di combattimenti. La figlia del maestro, Gong Er, si scontra con Ip Man, dopo che quest’ultimo aveva guadagnato la fiducia di Gong Baosen, dando il via ad un rapporto di amicizia velato di amore … sino all’esplosione della seconda guerra tra Giappone e Cina.
Wong Kar Wai riesce a mescolare delicatezza, pacatezza e violenza, disegnando un lavoro che attraversa le tematiche care al regista, come la perdita e l’impossibilità di coronare un amore, in un percorso di sottrazione che presenta figure, esseri umani, nella loro grandezza, per poi privarli di quello status apparentemente intoccabile e lasciarli cadere. Ip Man subisce la guerra e la fame come ogni altro essere umano, Gong Er la perdita di un genitore e la fiducia in un mondo a cui non si sente legata, i due si sfiorano in combattimento, si cercano tramite la parola scritta, si incrociano di nuovo per poi perdersi definitivamente allo spegnersi delle candele.
Lontano dalla trilogia di Wilson Yip, Wong Kar Wai predilige lo scontro fisico pari merito con il decorso sentimentale, scagliando via i corpi senza gravità, subendo l’incedere della storia e ricercando scontri che oltre alla fisicità dei colpi, evidenziano il danzare ritmico della lotta. I combattimenti, coreografati da Yuen Wo Ping (Matrix, L’ultima sfida di Bruce Lee, Kill Bill, Drunken Master e molti altri), sono quindi momenti dove il regista lascia muovere i corpi giocando con la macchina da presa e con un montaggio mai frenetico, nonostante la rapidità dell’azione.
Una fotografia d’eccellenza, una colonna sonora che riprende “Once upon a time in America” di Ennio Morricone, uno stile di regia che eccede nel rallenty dilatando i tempi e donando una sorta di triste respiro all’opera, un cast formidabile (soprattutto Tony Leung e Zhang Ziyi) e un contesto storico d’efficacia, fanno di The Grandmaster un cult movie drammatico e al contempo catchy, dove la filosofia del kung-fu è espressa attraverso le parole ed i volti dolenti dei protagonisti.