THE CUBE – Vincenzo Natali
Un gruppo di sconosciuti si ritrova intrappolato all’interno di un gigantesco cubo. La loro unica possibilità di sopravvivere è trovare l’uscita in una costruzione che si rivela disseminata di trappole mortali, capace di esasperare le anime che vi vagano dentro. Ce la faranno a rivedere la luce del sole?
Rinchiusi dentro questa sorta di meccanismo claustrofobico ad orologeria, i protagonisti delineano le loro caratteristiche, mostrandosi come estremamente diversi l’uno dall’altro, ma ciascuno dotato di un quid fisico e/o caratteriale che lo rende unico, nonché indispensabile nella ricerca di un varco verso l’esterno, verso la salvezza. The Cube, in quest’ottica, può essere interpretato come metafora del cammino della vita: persone dotate di attributi e capacità differenti cercano di raggiungere la meta, ma devono fare i conti con le avversità, la paura e gli scontri (fisici meno che morali) che, inevitabilmente, avvengono tra di loro.
Il finale risulta aperto a molteplici interpretazioni, una luce bianca invade lo schermo, ferendo gli occhi e impedendo la vista di ciò che c’è oltre; The Cube simboleggia l’arcana complessità della vita, imbevuta di stranezze, che ci limita nella visione del “poi”, abbagliandoci con una luce apparentemente calda, ma di cui ignoriamo l’essenza. Vincenzo Natali confeziona un thriller di tutto rispetto, con interpreti calati nella parte e una sceneggiatura efficace, scevra da pesantezze che avrebbero potuto facilmente inficiare la resa finale. Girato con un budget ridottissimo, attori praticamente sconosciuti e un’unica stanza in cui venivano cambiate di volta in volta le luci, The Cube rappresenta un prodotto originale nella sua artigianalità, latente di significati e, comunque, da vedere.