TARTARUGHE NINJA – Jonathan Liebesman
Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Donatello. Agli odierni trentenni, probabilmente, questi nomi non riporteranno alla mente soltanto i quattro Maestri Rinascimentali, bensì altrettante tartarughe antropomorfe, mascherate ed esperte di arti marziali. Potere di una serie a fumetti – poi divenuta animata – tre film e una serie interminabile di merchandising che ha consacrato le Tartarughe Ninja come uno dei fenomeni teen-pop più grandi degli anni ‘80 e ‘90.
In verità, il franchise dei 4 Turtles era sopravvissuto fino al nuovo millennio con tentativi di rilancio attraverso una nuova serie televisiva e un film d’animazione (Kevin Munroe, 2007), entrambi piuttosto evanescenti. Sotto l’egida della produzione di Michael Bay, profeta del blockbuster sbanca-botteghino, le tartarughe ninja tornano in un film live-action dal budget importante (125 milioni di dollari) e dall’unica, basilare missione: chiamare l’adunata dei fan nostalgici e di quelli novelli, con un tonante “COWABUNGA!”.
In una New York City stritolata dai misfatti del temibile Clan Del Piede, la reporter April O’ Neil (una Megan Fox perennemente inespressiva) testimonia alcuni interventi anticrimine di quattro fugaci e possenti giustizieri in maschera. Indagando su di essi, April è costretta a credere in qualcosa di incredibile: non solo Leo, Raff, Micky e Donnie sono quattro tartarughe mutanti karateka e mangiapizza, ma si tratta addirittura dei “pets” della sua infanzia, sfuggiti per miracolo (anzi, proprio grazie all’”amica” April) ad un incendio nel laboratorio del padre scienziato. Cresciuto nelle fogne insieme al Maestro Splinter, un topo-sensei che ha subito la stessa mutazione, il quartetto diventa presto la miglior cura al male criminale di NYC.
Ma la scoperta di April rischia di mettere a repentaglio la libertà delle tartarughe: il mutagene portentoso contenuto nel loro sangue è un’attraente e distruttiva prospettiva per il Clan e per il malvagio Shredder, che ne è il capo. Per le Teenage Mutant Ninja Turtles è ora di mettere in pratica gli insegnamenti del loro Maestro, per non essere catturate e utilizzate come cavie. Per salvare il guscio, occorre uscire allo scoperto.
Se il film diretto da Jonathan Liebesman (World Invasion, La Furia Dei Titani) fosse un piatto, sarebbe quello prediletto dai suoi protagonisti: una pizza gigante, semplicissima ma appagante. Nei novanta minuti scarsi a disposizione, minimi fronzoli e fiumi d’azione, pochi risvolti originali (ma uno cruciale, la “genesi” delle tartarughe) e molta fedeltà alla tradizione. E’ dunque bello, per un amante degli originali “cartoons” come il sottoscritto, ritrovare personalità, vizi, virtù e dinamiche delle TMNT che furono. Se il racconto è un compitino linearissimo, l’umorismo e le trovate fuori dagli schemi non mancano, ricordando quel mix di avventura e risate reso sublime in tempi recenti dal filone animato Pixar & Dreamworks. Il rinnovamento grafico funziona bene, la tecnologia tridimensionale pure.
L’unica pecca, provocata dal già citato formato “sbrigativo” del film, è il ritratto vago e un po’ superficiale del supervillain Shredder, che tradisce l’aura potentissima del personaggio nelle prime apparizioni made in 80s. Le risate dei bambini in sala, sincronizzate alle mie, dimostrano che a prescindere dal valore cinematografico della pellicola (emblema del “livello medio” dell’action-avventura), la missione di riprendere e rilanciare le gesta delle “Turtles” su grande schermo è stata completata. Sorride più di una generazione, ma soprattutto Nickelodeon, detentrice del marchio, che sul proprio canale festeggia l’uscita del film trasmettendo i nuovi episodi dell’interminabile serie animata.
Insomma, come i loro corrispettivi del regno animale, le Tartarughe Ninja hanno una vita incredibilmente lunga. E va benissimo così.