SUKIYAKI WESTERN DJANGO – Takashi Miike
Una lotta tra due fazioni rivali, i bianchi Genji ed i rossi Heike, sta devastando un villaggio rurale, apparentemente per una ricerca dell’oro, in realtà per dimostrare all’altro chi è il più potente. Un cowboy (Quentin Tarantino) narra a tre banditos la storia di questa lotta, con un sole e una montagna dipinti sullo sfondo, prima di sfoderare la pistola e chiudere la parabola. In realtà è soltanto l’incipit di una leggenda dove la polvere da sparo e la lama dei samurai si scontrano in una landa fuori dal tempo.
Takashi Miike è uno dei maggiori esponenti attuali di un modo di fare cinema estremamente atipico e, perchè no, deviato. Dopo aver esplorato in maniera originale il sottobosco yakuza (Dead or Alive o Graveyard of Honour), lo splatter (Ichi the Killer), il dramma (Visitor Q) e molti altri generi, il vulcanico regista omaggia i film western italiani, in particolar modo Django di Sergio Corbucci. Vero e proprio inno ad un modo di fare cinema che ha lasciato il segno circa un trentennio fa, Sukiyaki Western Django non si esaurisce nella mera citazione, ma si arricchisce di spunti che solo il folle regista nipponico poteva creare, immergendo la pellicola in palette di colori caldi e pulsanti. La fotografia, infatti, splende (anche se è un gradino più in basso rispetto a quella magistrale ricreata nell’episodio The Box, presente in Three Extremes) nelle tonalità soleggiate che si mescolano coi vestiti colorati dei personaggi ed il rosso vivo del sangue.
L’elemento splatter sicuramente non manca nella pellicola, anche se l’ironia interviene spesso a stemperare l’impatto visivo, come a voler mantenere quell’atmosfera surreale e grottesca costante nelle pellicole di Miike. L’uso della macchina da presa, coadiuvata da un montaggio incalzante, non risparmia la sperimentazione, mettendo in risalto l’abilità acquisita durante moltissime riprese effettuate da un mestierante come il regista nipponico.
Immancabile anche la storia d’amore che, inesorabilmente, si tinge di rosso nella tinozza della morte, tracciando una spirale di vendetta che imbratta la polvere delle lande desertiche che avvolgono villaggi rurali d’ altri tempi.
Peccato per la durata eccessiva che tende ad appesantire il ritmo, rendendo ripetitivi gli scontri a fuoco, nonostante le idee non manchino. Chiariamo che il film appartiene alla manciata di opere di Takashi Miike dal tiro maggiormente commerciale per cui non aspettatevi virate nel teatro dell’assurdo familiari in Izo o Gozu ma, tuttavia, siamo anche distanti anni luce dal pessimo Chiamata senza risposta.
Curiosità
- Sembra che il film sia stato concepito da Miike e Tarantino durante un pranzo in quel di Venezia, nel corso del relativo festival del cinema.
- Sukiyaki è il nome di una pietanza tipica giapponese a base di carne condita con salsa di soia. Viene servito con tofu e verdure.
VOTO: 7/10
Regia: Miike Takashi
Cast: Ito Hideaki, Sato Koichi, Iseya Yusuke, Ando Masanobu, Ishibashi Takaaki, Momoi Kaori, Kimura Yoshino
Giappone, 2007