STAR WARS: IL RISVEGLIO DELLA FORZA – J.J. Abrams
Star Wars ritorna sul grande schermo nella terza finestra temporale con l’episodio VII, che si preannuncia come il primo di tre episodi posti a conclusione dell’intero ciclo.
Era il 1977 quando George Lucas ebbe la geniale intuizione di ambientare un fantasy nello spazio, sfruttando al meglio quelle che erano le tecnologie del tempo, ancora orfane della computer graphic, all’epoca miraggio all’orizzonte. La forza di Star Wars è sempre stata quel misto di genuinità, filosofia e principi morali inalienabili, posti in antitesi all’origine di tutti i mali: la paura. Paura fisica come paura intangibile, dispersa nel silenzio dello spazio. Come pronunciato dal maestro Yoda “La paura conduce all’odio e l’odio conduce al lato oscuro della forza.“
Partendo da questo monito, il regista dell’episodio VII (J.J. Abrams) comincia a narrare i fatti che hanno sconvolto l’universo a 30 anni dalla fine della guerra, con la vittoria della Repubblica sull’Impero capitanato dall’Imperatore Palpatine e il suo braccio destro Darth Vader (spoglie vestite da Anakyn Skywalker). L’animo umano, però, da allora non è cambiato: possono passare anni, decenni, millenni ma l’essere umano cova le stesse paure, e il giudizio, il confronto, la mortificazione sono banchi di prova che ognuno deve affrontare se vuole crescere, lungo un processo che lo porta ad affrontare la vita, ad affrontare se stessi.
Lo sa bene Kylo Ren (Adam Driver), il nuovo sgherro del Primo Ordine, nato dalle ceneri dell’Impero, che rimane combattuto tra lato chiaro e lato oscuro della forza, frustrato da una parentela ingombrante e pesante, con la consapevolezza di non essere all’altezza dei predecessori. Il guerriero si affida alle vie più brevi per ottenere il potere, il successo e la gloria che non ha meritatamente guadagnato sul campo.
Primo punto di forza a favore dell’opera di J.J. Abrams: regalare al suo pubblico quello che è un cattivo dalla caratura “mediocre”, non nella creazione del personaggio ma nel ritratto dello stesso. Kylo Ren è fondamentalmente un frustrato, ma non solo, ed il dichiararlo apertamente appare come una fotografia dei nostri tempi, dove ogni elemento sembra sbiadito e dove anche il male sembra abbandonare le tinte forti di un tempo, in luogo di sfumature più tenui … ma non meno pericolose. Si ha la sensazione che la cattiveria si sia trasformata, traendo forza dalla frustrazione, l’ambizione sia tramutata in impotenza e l’invidia racchiuda, come un cuore tetro, tutte queste sensazioni.
Quello che, però, sembra non morire mai è la speranza. Sentimento in grado di far sollevare lo sguardo della resistenza verso il cielo, che rende coraggiose le persone timorose come Finn (John Boyega), il quale ha passato l’esistenza a scappare dai problemi ma grazie al fortuito incontro con il pilota Poe Dameron (Oscar Isaac) e la coraggiosa Rey (Daisy Ridley) sembra trovare dentro se stesso il coraggio di combattere.
Al di là del fenomeno, costruito o meno, che ruota attorno all’evento Star Wars, quasi alla stregua di un nuovo giubileo, ciò che salta subito agli occhi è la contrapposizione tra nuovo e vecchio, connubio di elementi che sembrano riuscire a convivere, ma forzatamente. Tutto il film sembra funzionare fino al momento in cui non vengono richiamati proprio quegli aspetti tipici della trilogia classica, che sicuramente non potevano mancare per contratto ma che, in qualche modo, limitano la libertà d’azione di J.J.Abrams, che si trova a doverli disseminare forzatamente, per poter solleticare l’appetito del fan più sfegatato e sollevare l’interesse del nuovo accolito.
Star Wars episodio VII: il risveglio della Forza avrebbe necessitato dell’abbandono di luoghi sicuri, risvegliando la forza dentro ognuno di noi senza doversi trascinare una parte del passato ingombrante, fardello quantomai pesante, comprendendo come il nuovo possa sposarsi con il vecchio senza necessari ammiccamenti, continuando a coltivare la tradizione con figure iconiche che oggi devono raccogliere solo e soltanto lo spazio indispensabile.
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