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RUBBER – Quentin Dupieux

Written by Paolo Corridore

Robert è in grado di distruggere tutti gli oggetti che si frappongono tra lui e il suo cammino facendoli letteralmente scoppiare e ben presto scopre che la sua capacità non si limita ai soli esseri inanimati. Se incontra una persona che non gli va a genio, Robert le fa saltare la testa.

Solo l’amore per una giovane donna, Sheila (Roxane Mesquida), riuscirà a tirare fuori il lato più tenero di Robert. Verrebbe da stringere la mano a Robert per la sua magistrale interpretazione in questo film peccato che Robert in realtà sia uno pneumatico. Questo è Rubber di Quentin Dupieux.

Il film si apre con una limousine nera che percorre una landa desolata disseminata di sedie. La vettura tenta uno slalom tra di esse, come se fossero birilli, ma al solo sfiorarle queste si infrangono irrimediabilmente. Una volta fermatasi, dal portabagagli della vettura esce un poliziotto (Stephen Spinella) dalla gestualità magnetica, che cattura subito l’attenzione dello spettatore, ed è proprio a quest’ultimo che il tutore della legge si rivolge. Egli comincia ad elencare tutte le cose assurde, o apparentemente senza senso, che ci vengono propinate nei film, citando quelli più famosi (tra questi Non aprite quella porta). Fondamentalmente si chiede che senso abbia la scelta di determinati particolari nei film … la risposta è presto detta: non c’è alcuna apparente ragione!

La vita è ricca di cose senza senso, cose che ci incuriosiscono, cose che non ci aspettavamo … e non sempre è necessario cercare la quadratura del cerchio, la soluzione a tutti gli enigmi, per apprezzarle. Il monologo iniziale altro non è che una sorta di dichiarazione di intenti, quasi a voler dire: rilassatevi, state calmi, non sforzate più di tanto la mente e godetevi questo film tributo allo stile. La camera allarga l’inquadratura e scopriamo che il poliziotto non si è rivolto solo allo spettatore del film ma anche ad un pubblico presente proprio lì sulla scena. La visone del film vero e proprio non prende forma fino a quando tutti componenti del pubblico, presenti sulla scena, armati di binocoli, non notano qualcosa di particolare in una discarica nei pressi: uno pneumatico sta prendendo vita.

Il luogo dove si svolge l’azione diventa un fondale teatrale e il pubblico presente sulla scena colloca il film in un contesto da teatro dell’assurdo. Il dove non ha importanza, il chi o a maggior ragione il perché perdono di significato, quello che importa è il come! Molto spesso, come succede nella vita, le cose accadono senza troppe cerimonie e in fin dei conti non sono neanche troppo belle ma succedono, ed è un fatto indiscutibile.

Detto questo verrebbe da chiedersi quale sia allora il discriminante che fa di una serie di inquadrature un buon film o addirittura un capolavoro? Semplice: lo stile. Poco importa se non c’è una apparente logica a governare il tutto, l’importante è mantenere una certa coerenza di propositi. Certamente Rubber è un film che divide, c’è chi lo ha considerato una presa in giro, chi l’ha considerato geniale. Gli snodi narrativi degni del miglior manuale di sceneggiatura ci sono tutti e l’attenzione dello spettatore non va a perdersi, ma subisce il dovuto saliscendi durante il corso della narrazione.

L’idea di fondo del film, così semplice e dirompente, fa pensare a quella fondante i cortometraggi i quali, data la ristrettezza di durata, sono costretti fin da subito a coinvolgere lo spettatore. La sfida, a mio avviso vinta da Dupieux, è stata quella di non limitarsi alla sola idea iniziale (che avrebbe avuto vita breve) ma dare prova che si possono reggere 85 minuti parlando sostanzialmente di nulla e, allo stesso tempo, mantenere un certo mordente.

Un film del genere o si odia o si ama come è succeso a Cannes, quando è stato presentato il 15 maggio 2010, ed è altrettanto vero che film come questi tra gli altri obiettivi hanno proprio quello di far parlare di sé con la loro indiscutibile originalità. Bene, la trappola è scattata e ha fatto sobbalzare il pubblico, sopito da anni di torpore cinematografico, aspettiamo l’opera successiva di Dupieux anche per capire fin dove lo ha portato il rotolare di Robert.

Regia: Quentin Dupieux
Cast: Stephen Spinella, Jack Plotnick, Wings Hauser, Roxane Mesquida
Francia, 2010

Posted in Cinema and Film and Indie and Medio/Lungometraggio and Pulp/Noir by Paolo Corridore on novembre 2nd, 2011 at %H:%M.

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