POSTAL – Uwe Boll
Avevo sempre sentito parlare male di Uwe Boll, considerato da molti uno dei peggiori registi del mondo, tuttavia mi è sempre mancata l’occasione di confermare tale epiteto. Sopratutto Boll è uno a cui piace prendere delle grosse licenze narrative quando si tratta di dirigere film ispirati a videogame (tra i vari citiamo BloodRayne e Alone in the Dark), così come fatto anche con il presente Postal.
La sensazione, guardando questo film, è che comunque, al regista tedesco servisse il gioco giusto per poter esprimere al meglio la propria creatività, fatta di grotteschi rimandi a John Waters (la scena con la moglie trippona che tradisce il protagonista nella roulotte odora molto di Pink Flamingos) e al cinema “Frat Pack” dei vari Zoolander e Tropic Thunder, ovvero comicità di grana grossa, volgare, politically uncorrect e totalmente demenziale. Boll ha sempre tentato di interagire con questi elementi, operando nel genere horror e fantasy, contenitori non propriamente consoni al tentativo, tramutando un desiderio di contaminazione in stupidità disarmante. Con Postal, invece, il regista riesce a trovare il giusto linguaggio, realizzando il miglior lavoro (anche a detta di molta della critica ostile).
Qui tutto funziona alla grande, persino Boll sfata il mito di non esser capace di girare, realizzando un ottimo prodotto anche dal punto di vista tecnico. L’ironia non risparmia nessuno, dai musulmani (irresistibile l’intro con i due terroristi sull’aereo che litigano per il numero di vergini che dovrebbero toccargli nell’aldilà) ai finti santoni hippie mangiasoldi, Boll si scatena sulle presunte amicizie tra Bush e Osama Bin Laden, sui parchi a tema, sui nazisti, tocca la CIA e la maggior parte delle ossessioni moderne … e allora giù di massacri di infanti, gatti usati come silenziatori, nani stuprati da scimpanzé, botte, sparatorie ed esplosioni nucleari.
Insomma il buon Uwe Boll non ci fa mancare niente, neanche l’autoironia di apparire in un breve cammeo, prima di venire assalito dall’ideatore del videogioco che lo accusa, nuovamente, di aver stravolto il senso del tutto. Così è stato anche stavolta, infatti, ma almeno eravamo stati avvertiti.