POLDER – Samuel Schwarz, Julian Grünthal
Marcus si trova a capo della Neuroo-X, una società fondata dal nulla che ha saputo scalare la vetta producendo giochi ad alta interattività con l’utente. I confini tra realtà virtuale e piano del reale divengono estremamente labili quando un nuovo prodotto è pronto per essere lanciato: il Libro Rosso, una vera e propria porta spalancata sul mondo digitale, capace di assorbire desideri e paure dei giocatori e riversarle in una realtà parallela da cui non è facile uscire.
Dopo la morte in un incidente di Marcus, la sua compagna Ryuko, tenta di svelare il mistero intorno ai test del Libro Rosso sulle menti di cavie umane cinesi, apparentemente finiti con la morte di questi ultimi. L’indagine coinvolge anche il piccolo figlioletto della coppia, ingabbiato nella realtà virtuale, e si sposta continuamente tra il piano del reale e quello virtuale. O è tutta una finzione?
Occorre essere mentalmente predisposti prima di iniziare la visione di Polder, ancorarsi alla poltrona e prepararsi a balzi su vari piani, dal ricordo vero a quello indotto, dal presente al passato e poi al futuro, dalla sanità mentale alla follia, dalla policromia al bianco e nero. Il film di Samuel Schwarz e Julian Grünthal, infatti, raccoglie echi fantascientifici (Il tagliaerbe, Existenz), li mescola con echi di horror asiatico (The ring, The Grudge) e spruzza su tutto un sottile strato di malinconia a far da collante; giocando con lo spettatore e facendolo giocare, a sua volta, con un gingillo complesso ma accattivante. Se l’inizio spiazza, sia in originalità che in laboriosità logica, via via che i pezzi si ricompongono ci si lascia più percuotere dalla trama messa in gioco, spostando l’accento sulle variopinte anime del film sino alla chiusura anti-conformista.
Polder avrebbe necessitato di un minutaggio leggermente inferiore, specialmente nell’ultima sezione, dove le fattezze da videogame vengono esasperate, come a coronare un messaggio sotteso, in realtà chiaro senza necessità di ulteriori lungaggini. La prolissità, comunque, non distoglie l’attenzione dai colori accesi della fotografia che sembrano voler evidenziare le singole scene, ritagliando intorno virate cromatiche che giocano ancor di più con l’ambiguità tra realtà e fantasia, normalità e follia. Sperimentale.
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