POINT BLANK – John Boorman
Reese e Walker (Lee Marvin) sono due ex compagni di galera ed insieme decidono di compiere una rapina ai danni di un gruppo di gangster. Reese però ferisce Walker e scappa con tutta la refurtiva assieme a Lynne, la moglie di Walker. Walker una volta ripresosi, si mette alla caccia dei 93.000 dollari, prima trovando e uccidendo Reese e poi arrivando ai vertici dell’organizzazione criminale a cui Reese apparteneva, facendosi aiutare da un misterioso personaggio che si fa chiamare Yost.
La prima sequenza di Point Blank, secondo lungometraggio del britannico John Boorman e primo da regista hollywoodiano, è anticipatrice di tutta la cifra stilistica e narrativa del film.
Il montaggio alternato ci mostra Walker in tre momenti distinti: il primo alla festa dove l’amico Reese gli chiede di aiutarlo nel portare a termine una rapina, il secondo nel carcere ormai abbandonato di Alcatraz subito dopo il colpo, e il terzo con Walker solo e ferito a terra in una cella di Alcatraz, dopo che Reese gli ha sparato portando via con se sia l’intero bottino che sua moglie Lynne. La scena si svolge in maniera continuativa, come se fosse una sola, utilizzando il dialogo ininterrotto (on-screen) come trait d’union e fondendo così piani spaziali e temporali differenti in un unica azione diegetica. In questi pochi secondi, grazie a questo utilizzo “ipertestuale” del montaggio, lo spettatore viene a conoscenza di tutti i fatti salienti che porteranno il protagonista ad intraprendere il suo personale percorso di giustizia e vendetta.
Il contesto cinematografico è quello del noir “psicotico” degli USA anni ’60, dove il protagonista non viene più connotato attraverso valori morali ben delineati. Infatti, come spesso capita per molti protagonisti del decennio cinematografico del genere in questione, Walker è un uomo svuotato e disilluso alla disperata ricerca di riferimenti sicuri che possano riappropriarlo di un identità definita. (“Cosa ci faccio qui?” si domanda all’inizio del film). Un uomo duro, reduce da molti anni di carcere, che non si riconosce nel mondo e nella sua nuova etica, la quale induce in lui un senso di isolamento. Emblematico il fatto di come la ricerca dei soldi da parte di Walker si areni principalmente nella difficoltà di far coincidere il denaro con un volto e soprattutto come un bene tangibile. Il denaro, anche quello sporco, che circola tra conti correnti, assegni banche e società di affari. Una realtà che si discosta drammaticamente da quella passata, pratica e spartana, dove il gangster figurava il nemico in un individuo. La volontà di recuperare la propria parte del bottino, la sete di vendetta, divengono quindi “ancore” a cui aggrapparsi strenuamente per dare un significato alla propria esistenza, ma il percorso del protagonista si rivelerà una presa di coscienza del proprio spaesamento e della propria impotenza.
La narrazione, ricca di ellissi e fugaci flashback, conduce lo spettatore a vivere un esperienza caotica e non lineare, la quale diviene efficace rappresentazione dello stato mentale ed emotivo del protagonista. Boorman, quindi, nel 1967 realizza una pellicola di genere dalla trama semplice, rispettando l’ambientazione e il gusto tipici dei noir americani dell’epoca, ma innovativa e sperimentale nella forma, con una sensibilità debitrice per alcuni aspetti sia alla Nouvelle Vague francese (Resnais in particolare) che al Free Cinema Inglese.
Point Blank – ispirato a Anonima carogne, un romanzo hard boiled dello scrittore statunitense Richard Stark - è un film ancora moderno agli occhi di uno spettatore di oggi. Un classico che ispirerà molti registi negli anni successivi ed anticipatore di uno stile di montaggio che caratterizzerà molto cinema americano nei decenni a venire. Gioiellino imperdibile per chi ama la storia del cinema, dello sviluppo del linguaggio cinematografico e del noir made in Usa.
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