NON VIOLENTATE JENNIFER – Meir Zarchi
Jennifer Hills è una scrittrice. In cerca di ispirazione e tranquillità necessarie alla stesura del suo primo romanzo si reca presso una villetta isolata, in un paesino sperduto dove diventa l’elemento di distrazione principale della flora maschile locale. Questi ultimi non tardano ad approcciare (malamente) la donna che subirà un’atroce stupro di gruppo.
Jennifer riesce a ricomporre le pagine strappate del proprio romanzo e anche i pezzi della propria vita. Per ricucirli la via più rapida è quella di incrociare nuovamente la propria strada con quella degli stupratori e … lacerarne la carne come estremo dazio da pagare per le violenze subite.
Leggenda o realtà, l’elemento ispiratore di Meir Zarchi fu una vicenda vissuta dal regista che, nella prima metà degli anni ’70 mentre guidava la propria auto, si imbatté in una ragazza visibilmente sconvolta, vittima di uno stupro. Portata al commissariato di polizia, la povera donna non fu condotta in ospedale ma tenuta in quelle condizioni per raccogliere una deposizione. Questo, agli occhi esterrefatti del regista, si trasformò in un senso di colpa (del genere umano) verso la donna e un conseguente sviluppo della trama del film come revenge-movie.
Non violentate Jennifer, quindi, diviene metafora ai limiti del grottesco (volontario) di rivalsa del genere femminile verso l’insensibilità maschile, un germe che Zarchi porta dentro e che lascia germogliare e detonare con un “raptus” premeditato, parole in antitesi quanto vere, di violenza. Un fortissimo desiderio di andare oltre i canoni della legalità, attraversando la palude fangosa della vendetta self-made. Una palude da cui non è possibile ripulirsi. Ma anche una palude dove lo sporco lava via lo sporco.
In quest’ottica, in un contesto asettico reso silenzioso dall’assenza di una colonna sonora, Non violentate Jennifer assurge ad un significato diverso da quello raccolto durante una visione senza background culturale, almeno così come descritto da Zarchi. Certo, nonostante un montaggio veloce e ritmato, il film visto a distanza di anni subisce una sorta di monoliticità dell’intero filone, raramente colpito da guizzi creativi. Oltretutto i personaggi maschili rischiano di divenire una sorta di simulacro di sentimenti statici, impossibilitati a mutare, stereotipati e modellizzati, in antitesi ad una donna vista come fuoco purificatore che deve pagare il dazio prima di potersi erigere come dio della vendetta.