L’IMPLACABILE – Paul Michael Glaser
2019. Una Los Angeles luciferina, devastata dal totalitarismo, un’enorme macchina che sfrutta la televisione come mezzo di controllo. L’antica Roma inscenava lo spettacolo dei gladiatori, la Los Angeles del futuro cambia location ma mantiene il medesimo impatto emotivo scagliando cacciatori e prede all’interno di un’arena.
Ben Richards (Arnold Schwarzenegger) ha l’unica colpa di non aver rispettato gli ordini e sparato ad una folla di persone, tradendo i dogmi militari della cieca obbedienza e passando dall’altra parte della barricata. La fuga dalla prigione ha vita breve, un errore e si ritrova in mezzo all’arena, vilipeso dallo stravagante showrunner ma pronto a stracciar via ogni avversario. Dando il via alla ribellione.
L’implacabile è un misto di action e fantascienza che tanto deve alla penna di Robert Sheckley, ancor prima del romanzo The running man di Stephen King (ai tempi firmatosi con lo pseudonimo Richard Bachman) da cui è tratto. Un marasma di botte che ben presto stracciano via la componente sci-fi per delineare il giusto ambiente d’azione dove far scorazzare il muscoloso Schwarzenegger.
Sembra una contraddizione in termini, ma l’aura di B-movie che aleggia viene sfruttata da Paul Michael Glaser in modo intelligente, costruendo un baraccone dove è difficile non divertirsi, tra molta ironia e colori che riempiono lo sfondo in modo da elettrizzare lo spettatore. Certo, se si va in cerca di un messaggio socio-politico meglio rivolgersi altrove, la sostanza è decisamente annacquata dalla forma-contenitore, così che anche la ribellione finale sembra quasi un raffazzonato modo di chiuedere la partita, evitando l’esasperazione del romanzo di King, sicuramente fuori budget. Quasi rivalutato.