LE TOMBE DEI RESUSCITATI CIECHI – Amando de Ossorio
Cosa rende grande Amando de Ossorio se non la capacità di fare quattro film con una trama così diversa tra loro utilizzando sempre gli stessi protagonisti? Stiamo naturalmente parlando dell’ordine oscuro dei resuscitati ciechi, cavalieri scheletro dediti a rituali satanici nonché al cannibalismo e al vampirismo, ai quali furono asportati gli occhi e che, dopo morti, arrancano con i loro cavalli spettrali attraverso vecchi cimiteri e monasteri abbandonati.
In questo primo episodio della quadrilogia, forse il migliore della serie, la trama nasce dalla fine, ma in modo talmente impercettibile che non ce ne rendiamo conto quando, in una piscina di lusso, due ex compagne di scuola con un passato lesbico, si rincontrano e decidono di fare un viaggio insieme, utilizzando un treno che sfreccia lungo le vallate madrilene. Una delle due, Virginia (María Elena Arpón), non gradisce però le attenzioni che il loro accompagnatore Roger (César Burner) ha per la bella creatrice di manichini Betty (Lone Fleming). Infastidita, Virginia scende dal treno in moto per recarsi in una cittadella che ha visto dal finestrino. Peccato che si rivelerà un vecchio monastero abbandonato e a Virginia non resterà altro che passare la notte lì.
Mal gliene coglierà visto che gli sgradevoli zombie incappucciati riposano proprio in quelle vecchie tombe e non tarderanno a far sentire la loro silente presenza. Pedro e Betty ritroveranno il cadavere della ragazza pochi giorni dopo, orribilmente mutilato, decidendo di scoprire cosa è successo al vecchio monastero. Scopriranno una terribile leggenda che avvolge il luogo e che prenderà forma nel corpo di Virginia, anch’essa resuscitata e famelica.
Il finale vede una specie di assalto al treno zombesco davvero efficace che poco lascia vedere ma tanto sentire (difatti i cavalieri zombi possono solo sentire). Il film si chiude con urla e strilli decisamente sopra le righe, come tutto lo sviluppo della sceneggiatura, non privo di momenti di ironia ed erotismo gratuito. I personaggi e le situazioni vengono però approfonditi talmente bene che, ancor oggi si, riesce a provare inquietudine, specialmente se si cercano di dimenticare i mezzi disponibili all’epoca, che inevitabilmente agiscono impietosi sulla pellicola facendola apparire datata (non nei contenuti). Per apprezzare Le tombe dei resuscitati ciechi basta lasciarsi coinvolgere dalla fantasia (malata) di un autore come De Ossorio, uno tra i più particolari e misconosciuti registi degli ultimi quarant’anni.