L’ANGELO DEL FOCOLARE – Carl Theodor Dreyer
Viktor subisce un tracollo finanziario, il malumore e la non accettazione che ne derivano trovano sfogo verso il luogo dove si sente più sicuro: casa propria. La moglie Ida subisce passivamente, incamera l’ira del marito sforzandosi di mantenere alto il morale … mentre su di lei si abbatte il peso dell’intera famiglia. Poco a poco la caduta fisica-psichica della donna inizia a farsi sentire, e la fuga diventa l’unica via di salvezza ma anche unico modo per mostrare all’uomo quanto sia pesante la sua vita.
L’arrivo di una tata dai modi burberi, una sorta di contraltare del carattere dell’uomo, inizia a spostare il baricentro verso la sua naturale posizione, mostrando un Viktor più umano e definitivamente fragile.
Poche ambientazioni, principalmente mura domestiche, racchiudono un dramma che viene ripreso dalla cinepresa di Carl Theodor Dreyer con stacchi da commedia, donando alla pellicola un sapore dolce-amaro che caratterizza parte della produzione del regista danese. Il tono più cupo della sofferenza di Ida, lentamente lascia il passo alla parte più ironica con la nutrice Mads che si prende cura della casa e dei figli con fare irruento, riportando Viktor ad un regime più austero. I volti degli attori diventano smorfie che catapultano l’attenzione, spesso inquadrati di fronte ad asettiche mura che non distolgono l’attenzione, scavati e cangianti, simbolo di sofferenze a lungo covate.
Tratto da Tyrannens Fäld (La caduta del tiranno), L’angelo del focolare rispecchia una poetica vivida nel suo tempo, il tema dell’amore come forza per poter affrontare ogni difficoltà, il rispetto della donna e il nucleo familiare come rifugio dove potersi (e doversi) confrontare e raccogliere.