IL RACCONTO DEI RACCONTI – Matteo Garrone
Tre storie, tre mondi, tre universi che si incrociano in un regno immaginario frutto della mente di Giambattista Basile. I tre sovrani protagonisti delle loro storie, rispettivamente interpretati da Salma Hayek, Toby Jones e Vincent Cassel, incarnano tutti i vizi e le virtù dell’uomo odierno e Matteo Garrone, in questo personale adattamento di alcune novelle tratte da Lo cunto de li cunti, pone in grande evidenza le fragilità dell’essere umano e dei suoi desideri più morbosi.
Il tutto sembra essere un monito verso lo spettatore a non seguire le false chimere come bellezza, potere e successo, stando attenti ai desideri espressi soltanto allo scopo di vedere soddisfatto il proprio ego in quanto gli si potrebbero ritorcere contro. La Regina di Selvascura (Salma Hayek) è disperata perché non riesce a dare alla luce un figlio che possa essere il degno erede al trono. Mediante un sortilegio che prevede di divorare un cuore di drago marino, ha la possibilità di realizzare il suo desiderio. Ma perché il rito dia esiti positivi, anche una giovane vergine, presa a caso dalla servitù, deve portare a compimento una gravidanza mangiando lo stesso cuore di drago.
Per cui nella stessa notte le due fanciulle mettono alla luce due figli identici, come se fossero gemelli, e per di più albini come il manto del drago marino ucciso. I due infanti manifestano fin da subito una forte empatia, ma la regina non vede di buon occhio la frequentazione di suo figlio con l’altro appartenente ad un ceto inferiore e li divide senza troppe cerimonie. Tuttavia che l’uomo non divida ciò che Dio ha unito o in questo caso … che un drago ha unito!
Il Re di Roccaforte (Vincent Cassel) è un donnaiolo senza freni inibitori che utilizza il suo potere per sedurre e concupire le giovani e belle abitanti del suo regno, ma ce ne è una in particolare che desta le sue attenzioni. Ovviamente l’occhio del sovrano, accecato dalla lussuria, non riesce a distinguere bene le fattezze della donna, che non è più tanto giovane, ma si sa … la donna attempata batte la giovane per esperienza! Il Re di Altomonte (Toby Jones) ha due grandi desideri: vedere la gioia dipingersi sul volto della giovane figlia viziata e riuscire a far crescere, come un vitello, una piccola pulce da lui catturata. Può sembrare strano ma i due desideri troveranno un doppio legame ad unirli …
E’ sempre difficile giudicare i film come Il racconto dei racconti, perché se da una parte è più che apprezzabile il duplice sforzo di realizzare un fantasy in Italia e portare all’attenzione del grande pubblico le novelle seicentesche di Basile, non si può negare che in questo film si sente l’assenza assordante di molti elementi atti a garantirne la riuscita, specialmente dal punto di vista dell’intarsio delle storie. Il linguaggio utilizzato deve essere filmico, non letterario; deve essere in grado di intrattenere il pubblico con un sapore differente, addirittura invogliandolo a leggere le novelle da cui il film è tratto. Di sicuro tale mezzo di comunicazione non deve spronare lo spettatore ad una fuga disperata per evitare la noia.
La narrazione del film di Garrone, invece, risulta piuttosto piatta e lineare; si passa da una situazione all’altra senza raggiungere quel pathos narrativo che è fondamentale in opere come questa. Le inquadrature, fotografate magistralmente da Peter Suschitzky, sembrano dei veri e propri dipinti, destando stupore ma al contempo rendendo il contesto ancor più artificioso, quasi una specie di sforzo estremo per il raggiungimento di una perfezione estetica in realtà poco funzionale alla narrazione.
Il racconto dei racconti in più punti ricorda alcune opere indipendenti di Domiziano Cristopharo (Museum of Wonders in primis), soprattutto per il tono grottesco e per l’utilizzo della deformità come elemento disturbante della morale dello spettatore, e le pellicole di Stefano Bessoni (tra l’altro l’effettista speciale di questo film, Leonardo Cruciano, è lo stesso dei film di Bessoni). Tale ricercatezza non fa altro che aggiungere lustro al lavoro del regista romano, tuttavia i registi citati hanno raggiunto i medesimi risultati senza alcun dispiego di forze, mezzi e budget stellari, che invece ha avuto a disposizione il regista di Gomorra (parliamo di 12 milioni di euro). Quasi una fiaba più adatta al piccolo che al grande schermo.