IL QUARTO TIPO – Olatunde Osunsanmi
Il film si apre con un’intruduzione dell’attrice protagonista Milla Jovovich dove spiega che si andranno a trattare i fatti avvenuti nel 2000 nella città di Nome in Alaska, attraverso materiale audio/video originale di proprietà della dottoressa psicologa Abigail Tyler che vediamo poco dopo direttamente intervistata dal regista Osunsanmi, dando vita a quella che sarà una pellicola in stile mockumentary ma ben più originale e con scelte sicuramente più interessanti delle solite viste finora.
La dottoressa racconta di essersi sottoposta a sedute di ipnosi regressiva per far luce sull’omicidio ancora irrisolto del marito, assassinato nel loro letto mentre lei si trovava in una situazione di costrizione totale sia fisica che mentale, incapace di muoversi e ora di ricordare in maniera chiara i fatti accaduti in quella notte. Visti gli scarsi risultati ottenuti durante la terapia, la dottoressa narra di come cercò di riportare la normalità nella propria vita e in quella dei figli riprendendo anche a lavorare con i propri pazienti.
Dopo questo spezzone di intervista inizia il film e vediamo la Jovovich vestire i panni della dottoressa Tyler. Attraverso l’ipnosi regressiva già sperimentata su stessa con l’aiuto di un collega, tenta di aiutare alcuni pazienti accomunati dai medesimi disturbi del sonno. Durante queste sedute che terminano sovente in reazioni violente dei pazienti in preda ad una paura incontrollabile, emerge che durante la notte tutti hanno avvistato la presenza di una sorta di gufo bianco fuori dalla finestra che piano piano si avvicinava nonostante le finestre chiuse fino a mutare in un essere portatore di terrore, ansietà e una totale vulnerabilità. La situazione precipita quando la dottoressa viene allertata che un suo paziente sta minacciando con un fucile la propria famiglia, quello che ha visto è troppo inconcepibile per porvi rimedio e dopo aver pronunciato delle parole in una lingua sconosciuta uccide moglie figli e si suicida.
La novità rispetto ai soliti film documentario stile The Blair witch project, per intenderci, è che Il quarto tipo non viene girato come fosse un falso documentario, ma viene creato un continuo parallelo tra le scene del film e gli stessi fatti filmati che nella realtà hanno ispirato quelle stesse scene. Oltre alle frequenti interruzioni dove prosegue l’intervista tra il regista e la vera dottoressa che aggiunge particolari alle scene che stiamo guardando, vediamo lo schermo dividersi tra le sedute di ipnosi della Jovovich e quelle della D.ssa Abigail con audio e registrazioni originali dove il nastro nei momenti più cruenti va a distorcere l’immagine lasciando intravedere accadimenti senza dubbio di forte impatto.
Uscita la pellicola che riscosse non poco successo anche grazie ad un’ottima propaganda pubblicitaria, ci fu ovviamente la ricerca maniacale a cosa fosse vero e falso, come solitamente succede del resto di fronte ad ogni film sufficientemente interessante da offrire spunti del genere. Se dare credito o meno ai fatti citati nel Il quarto tipo sta allo spettatore deciderlo o scegliere se documentarsi in merito, fatto sta che ci troviamo di fronte ad una pellicola girata egregiamente e con spunti nuovi che creano una profonda tensione emotiva per tutti e 98 i minuti, per questo motivo è fondamentale approcciarsi a questo prodotto senza alcun pregiudizio giudicando esclusivamente ciò che si andrà a vedere.
Senza svelare nulla di rilevante ai fini della storia, possiamo spiegare che per “quarto tipo” gli ufologi intendono il quarto stadio sulla scala degli incontri ravvicinati con gli alieni, il quarto è il più allarmante perché riguarda il rapimento di un essere umano. Trattare questa tematica senza cadere nel ridicolo e rischiando ridacchiare di mostriciattoli verdi non è certo facile, il regista lo fa in maniera molto analitica basandosi solo sui fatti e sulle testimonianze a lui presentate usando il buon senso di non infarcire la trama con particolari fantasiosi o avvistamenti di E.T. inventati, oltretutto è anche questo “non vedere” a creare senza dubbio una certa suggestione.
Sicuramente reale è Nome, una cittadina dell’ Alaska di appena 3.500 persone dove tra il 1960 e il 2004 24 persone sono scomparse nel nulla, suscitando addirittura l’interesse dell’ FBI. Le ipotesi sono tra le più svariate, quella più accreditata è che le sparizioni siano dovute alle leggi troppo morbide sull’alcool che avrebbero portato i malcapitati ad avventurarsi in mare o nella tundra circostante in modo avventato per poi non fare più ritorno. Meno convincente l’ipotesi di un serial killer dato il mancato ritrovamento di tutti i corpi, che avvalorerebbe con le testimonianze di amici e famigliari delle vittime la teoria dei rapimenti alieni.
L’uscita de Il quarto tipo che poneva l’attenzione su un mistero tuttora irrisolto, diede fastidio a parecchie persone del luogo, lo stesso regista fu accusato di aver manipolato le fonti in suo possesso e di aver costruito di sana pianta gran parte dei filmati mostrati. Di certo sappiamo che dal 2004 ad oggi sono scomparse in tutta l’Alaska più di 3.400 persone … come se la sola Nome fosse stata rasa al suolo.
Esiste un consumo di alcol così devastante o un serial killer così feroce da far sparire in 10 anni 3.400 corpi come fossero fumo nell’aria? Tutto è possibile, ma a questo punto è lecito domandarsi se proprio tutto lo sia.