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Il massacro di JONESTOWN

Written by Lunatika

Jonestown si riferisce al più grande suicidio di massa della storia moderna accaduto nel 1978, quando in Guyana 913 persone, di cui 219 bambini, facenti parte di una setta religiosa fondata dal predicatore statunitense James Warren Jones, si tolsero la vita con delle iniezioni di cianuro.

Jones nasce in Indiana da genitori non credenti e, nonostante questo, si avvicina già a 16 anni a comunità religiose cristiane predicando l’uguaglianza tra tutti i popoli nei sobborghi neri della città, in un periodo (quello degli anni Quaranta) noto per una profonda segregazione razziale, dove almeno metà della popolazione maschile risultava aver fatto parte del Ku Klux Klan, compreso suo padre. Da uomo bianco bussava alla porta di quei neri che venivano ogni giorno discriminati, invitandoli a partecipare ai suoi sermoni e, dopo due anni, fondò la propria chiesa che alla fine degli anni 60’ poteva contare su circa 2.000 persone. Nasceva “Il tempio del popolo”.

All’inizio tutto questo sembrava poggiare su un profondo e coerente idealismo, egli parlava di giustizia sociale e integrazione delle minoranze nella società, ed era così carismatico e audace nella sua battaglia che nel 61’ il sindaco di Indianapolis Boswell lo nominò a capo della commissione per i diritti umani. Ma col passare del tempo i toni dei suoi sermoni divennero quelli di un visionario, preannunciò la distruzione nucleare di Chicago e della stessa Indianapolis iniziando a dissociarsi dalla Bibbia che riteneva un testo pericoloso capace di uccidere, scritto dai bianchi per giustificare l’oppressione sui neri e si professò il nuovo messia del Cristianesimo.

Nell’estate del ’65, 150 tra i suoi seguaci si stabilirono con lui in una contea rurale a nordovest della California, fondando la propria chiesa e continuando a perseguire l’obiettivo dell’uguaglianza.

James assumeva ingenti quantità di anfetamine, non dormiva, si professava un guaritore capace anche di predire avvenimenti futuri e, ad avvalorare queste tesi, organizzava con alcuni fedelissimi delle autentiche messe in scena con figuranti istruiti a dovere. Organizzò dei veri e propri tour per svariate città d’America per tramandare il suo verbo e invitare nuovi adepti nei suoi campi dell’Eden; come al solito la sua voce si rivolgeva ai disperati: tossicomani, madri sole, vecchi malati e sbandati che spesso lo seguivano col miraggio di una vita completamente nuova. Diventando sempre più famoso il suo fanatismo divenne senza freni, tanto da arrivare al punto di inscenare il suo attentato e la miracolosa guarigione per sua stessa mano.

È nel 74’ che Jones inizia a lavorare alla fondazione di una comunità agricola in Guyana, acquistando un vasto appezzamento di terra nella giungla tropicale e mandandovi alcuni seguaci per disboscare la zona rendendola vivibile e costruendo baracche e terreni coltivabili. Negli Stati Uniti si parlava di un paradiso in terra, quando invece le reali condizioni climatiche del luogo dimostravano ben altro.

In California, nel frattempo, gli oppositori si facevano sempre più feroci, additando il predicatore come despota paranoico e quando alcuni dei suoi seguaci iniziarono a denunciare le finte guarigioni ed i deliri visionari, Jones si trasferì in Guyana.

Iniziò in breve tempo un vero e proprio rastrellamento: i fedeli di Jones si presentavano sempre più spesso nelle case messe a disposizione dalla comunità ai fedeli, esortandoli a lasciare tutto senza neanche una telefonata ad amici o parenti e raggiungere il Guyana dove il loro leader non poteva più fare a meno di loro, lasciando ogni bene personale alla comunità.

Le iniziali 100 persone che occupavano la giungla del Guyana e che tutto sommato vivevano in condizioni discrete, in poche settimane aumentarono a 700 e questo peggiorò le condizioni di vita dell’intera comunità. All’arrivo al campo venivano confiscati i passaporti e gli abitanti era condotti ai propri alloggi: una baracca grande quanto un soggiorno dove dormivano fino a 19 persone, non esistevano porte e i bagni non erano altro che assi di legno sovrapposte su buche nel terreno.

I finti attentati alla sua persona continuarono anche all’interno del campo, e fu dopo una di queste messe in scena che il predicatore nominò per la prima volta l’ipotesi del suicidio collettivo ai suoi discepoli, idea che non fu presa in considerazione praticamente da nessuno. Ma tra i fedelissimi questa ipotesi era ormai diventata un progetto: il medico del campo pensava a colture di germi mortali, altri progettavano l’avvelenamento dei pozzi d’acqua o di cibo. Alternativa condurre i condannati in un luogo isolato e finirli con un colpo alla nuca. Tutto ciò che un tempo sembrava giusto, eroico e altruistico, si era ridotto all’incubo personale di un folle fanatico. Chi manifestava il desiderio di lasciare il Guyana o contestava quel modo di vivere era soggetto al pubblico biasimo e a lavori pesanti per giorni, mentre Jones che viveva in casa privata su un’altura recitava i propri sermoni giornalieri, ormai totalmente intontito da droghe e alcol di ogni genere.

Finalmente nell’Aprile del ’78 25 persone, tra amici e parenti dei prigionieri del Guyana, denunciarono al governo degli Stati Uniti le condizioni di costrizione in cui i propri cari vivevano plagiati da Jones il quale, saputo dell’affronto, radunò la comunità additando con violente invettive i suoi accusatori, convincendosi della necessità di trovare in tempi brevi la soluzione per il suicidio collettivo. Soluzione che il medico del campo trovò in mezzo chilo di cianuro di sodio.

Nel 78’ il deputato Leo Ryan iniziò a interessarsi al caso di Jones, dopo essere stato allertato da un amico preoccupato per le sorti della nuora e delle nipoti che si erano rifugiate in Guyana dopo la morte del figlio. Dopo alcune ricerche, Leo Ryan si mosse per una visita ufficiale da Jones, il quale cercò in tutti modi di opporsi e, visti vanificati i suoi molteplici tentativi, descrisse il deputato alla comunità come un violento razzista. Devastato dalle droghe faceva ormai fatica persino a camminare. Nonostante gli svariati tentativi di impedire questa visita, Leo Ryan atterrò con un aereo privato in Guyana, accompagnato dalla sua aiutante Jackie Speier, due funzionari americani ed alcuni giornalisti della NBC. Il viaggio che sarebbe dovuto durare una settimana si ridusse ad un’unica giornata causa tentativi di sabotaggio e prenotazioni presso gli alberghi più vicini misteriosamente cancellate.

Il deputato e la sua aiutante intervistarono diversi residenti che non “attaccarono” in nessun modo il campo e che non si dichiararono disposti a lasciare il Guyana, ma venne notato subito che le risposte degli intervistati erano pressoché sempre le stesse. Erano stati istruiti a dovere. Jones quella sera stessa tenne un discorso talmente confuso e illogico sulle disuguaglianze da far nascere subito il sospetto che fosse sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, accuse che rigettò con decisione aggiungendo di non aver mai neanche nominato il suicidio all’interno della comunità. Quella notte fu permesso solo a Ryan, la sua assistente e ai due funzionari di pernottare a Jonestown. Poco prima che la troupe della NBC lasciasse il campo, arrivò tra le mani di un giornalista il biglietto di un residente che recitava testualmente: “Vernon Gosney e Monica Bagby. Aiutateci a lasciare Jonestown”.

Il giorno dopo una donna si avvicinò ad uno dei due funzionari di stato americano dicendo che lei e 6 membri della sua famiglia volavano lasciare il Guyana immediatamente e a lei si aggiunsero presto un’altra ventina di persone, lasciando Jones completamente distrutto. Mancava poco alla partenza e la situazione si faceva sempre più tesa con altre persone che invocavano aiuto per scappare dalla colonia, quindi Ryan fu consigliato dai suoi accompagnatori di raggiungere l’aereo e tornare in un secondo momento. Raggiunta la pista ove attendevano due aerei, al momento della salita a bordo arrivò un camion con delle guardie che spararono uccidendo 4 persone, tra cui il deputato Leo Ryan e un cameraman della NBC. Le altre 20 persone già imbarcate si salvarono. Ryan fu il primo deputato degli Stati Uniti a morire in servizio.

Nel frattempo Jones radunò l’intera colonia e iniziò un discorso lungo tre quarti d’ora dove registrò solo le parti che riteneva adatte ad essere ascoltate da terzi, annunciando che il momento del “suicidio rivoluzionario” era finalmente arrivato. Solo una donna si disse contraria al suicidio di massa, tutti gli altri acconsentirono tra le lacrime, dicendo che se il “padre” aveva predisposto questo destino per loro l’avrebbero seguito.

La mia opinione è che dobbiamo essere gentili verso i bambini e verso gli anziani e prendere il preparato come facevano di solito nell’antica Grecia, e passare oltre tranquillamente, perché non ci stiamo suicidando. È un atto rivoluzionario. Non possiamo tornare indietro”.

Sotto il padiglione dell’adunata interamente circondato dalle guardie, venne portato un grande bidone con il preparato mortale, diversi bicchieri di carta e siringhe. I bambini troppo piccoli vennero drogati dalle rispettive madri, gli altri presero il veleno sedendosi a terra, alcuni tra le lacrime altri in preda a scene di isteria. puntualmente ripresi da Jones che li invitava a morire con dignità. Il veleno fece effetto in pochi minuti causando convulsioni e schiuma alla bocca, chi non fu in grado di prendere la mistura volontariamente fu drogato con la forza, compresi gli animali della colonia. In pochi riuscirono a fuggire, le guardie si uccisero, Jones si sparò alla tempia. La notizia arrivò come un lampo all’FBI che intercettò dei messaggi di Jones nei quali ordinava il suicidio anche ai discepoli al di fuori del Guyana. Quel giorno persero la vita 913 persone in totale, di cui 5 della spedizione del deputato Ryan, un terzo erano anziani e 304 minorenni di cui 131 al di sotto dei 10 anni. Il 70% dei membri della setta erano afroamericani.

Questo inquietante fatto di cronaca ispirò diversi film: dal più recente The Sacrament del 2013, discreto mockumentary di Ti West già noto per Cabin Fever 2, al documentario del 2006 Jonestown- the life and death of people temple, assolutamente ben realizzato sebbene troppo imparziale sulle oggettive e comprovate responsabilità di Jones sul suicidio/omicidio. Di carattere diverso l’horror di Umberto Lenzi dell’80 Mangiati Vivi!, ispirato a questi tragici eventi e arricchito da episodi di puro cannibalismo. Anche la musica non disdegnò l’accaduto, liberamente tratte dal suicidio di Jonestown ricordiamo “Guyana Cult of the Damned” nell’album Sign of the Hammer dei Manowar e “Carnage in the Temple of the Damned” del gruppo death metal Deicide.

Per ascoltare uno speech fatto poco prima e durante il suicidio/omicidio di massa cliccare qui, per ascoltare “The reverend Jim Jones in person” qui e per il trailer di Guyana Cult of the Damned qui.

Posted in Storia&Leggenda by Lunatika on ottobre 8th, 2014 at %H:%M.

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