IL FANTASMA DELL’OPERA – Rupert Julian
L’Opera di Parigi è associata a suoni, luci e colori caldi tipici delle rappresentazioni che ne accendono le serate. Nessuno immagina gli anfratti, i cunicoli, le zone d’ombra dismesse che stanno sotto il palco. In questi luoghi si nasconde Erik, un uomo il cui viso (sfigurato) è coperto da una maschera bianca.
Genialità in musica e follia nella vita, Erik trascorre la sua esistenza nel silenzio della sua musica, finché il suo sguardo non incrocia quello della cantante Christine e l’amore spalancherà del tutto le porte della pazzia.
Tratto dal romanzo di Gaston Leroux, di cui gli sceneggiatori Elliot J. Clawson e Raymond L. Schrock rispettano l’evolversi degli eventi, Il fantasma dell’opera racconta una storia dagli intarsi romantici in un contesto orrorifico delineato da due figure: il freak recluso e l’impianto scenico. Quest’ultimo, un districarsi di cunicoli pieni di giochi di luce e ombra, oggetti antichi, sporcizia, è derivato dai caratteri atomici dell’espressionismo tedesco, mentre il protagonista/antagonista è figlio di una letteratura e di un immaginario che si perde nella notte dei tempi, con la sua malvagia (a tratti commovente) umanità, impersonata da un Lon Chaney in grande forma.
Il film di Rupert Julian riesce a inquietare, ricolmo com’è di atmosfera e di “musica operistica” dal forte impatto emotivo, quasi a voler contrastare l’ariosità delle opere con l’urlo strozzato del fantasma. Il fantasma dell’opera raggiunge l’apice della tensione nel momento in cui, durante una festa in maschera, Erik si presenta vestito da Morte Rossa, aggirandosi come un virus pestilenziale tra gli astanti, in una sequenza virata in rosso sangue.