I TRE VOLTI DEL RANCORE – Alberto Genovese
Tre cavallette iniziano a raccontare, a turno, storie per spaventarsi vicendevolmente. In “Esperimento” una voce aliena chiama un terrestre per metterlo a conoscenza del piano imbastito da imprecisati individui che vogliono rubargli delle informazioni. In “Sirene” un uomo si trova vicino al mare, ammaliato dal canto delle mitologiche creature acquatiche. “Lumachine” vede, appunto, l’animale che prima era un uomo (trasformato da un sortilegio di una zingara) cercare la sua donna, mentre fuochi artificiali illuminano la notte.
Già l’incipit iniziale la dice lunga sugli obiettivi del cortometraggio: l’idea delle cavallette che si raccontano storie orrorifiche e di fantascienza (di serie Z) poteva venire solo al mefistofelico Alberto Genovese. In “Esperimento” tornano le atmosfere di Pink Moon, per cui ecco alieni stralunati e luci effetto strobo, mentre negli altri due episodi il regista ci offre nuove follie che possono al solito interessare chi ama un determinato tipo di cinema, quello di serie B.
C’è poco da aggiungere, se non il fatto che con I tre volti del rancore il regista sembra voler fare uno scherzo a chi si avvicina al cortometraggio, a partire dal titolo stesso che richiama altri classici del genere (I tre volti della paura, Le cinque chiavi del terrore). Simpaticissimo l’ultimo episodio con la tragica storia della lumachina che vuol riconquistare la sua ragazza. Weird!