FRONTIER(S) – Xavier Gens
Una gang di ragazzi francesi sta fuggendo dalla polizia locale; durante la corsa il gruppo si divide e quattro di loro sgattaiolano verso la frontiera riuscendo a rifugiarsi in un ostello semi-abbandonato al confine con il Belgio. L’euforico sballo iniziale post-fuga sfuma gradatamente verso un tragico epilogo … una famiglia di maniaci, gestita da un anziano capo delle SS, popola quelle mura intrise di sangue. Questo è FRONTIER(S) di Xavier Gens.
Xavier Gens non è certo un novellino della macchina da presa e, arricchito dalla recente esperienza hollywoodiana grazie alla regia di Hitman, ci ha regalato uno splatter/gore ultracitazionista che però tiene lo spettatore incollato alla poltrona fin dal primo minuto. Il giovane regista sa divincolarsi tra scelte catchy e altre innovative, orchestrando un’opera capace di trionfare anche al Ravenna Nighmare Film Fest 2008.
FRONTIER(S) è una vera e propria discesa verso l’inferno articolata in tre momenti, voluti dall’autore, proprio per citare i gironi danteschi del capolavoro Salò di Pierpaolo Pasolini. È lampante come questi ragazzi fuggano dalla violenza e dalle barbarie di una città che dovrebbe essere civile (Parigi in questo caso, ma potrebbe essere benissimo Roma così come Rio), per finire dentro una vicenda ancora più dolorosa, un’oasi che diventa pietra tombale.
La fuga dalla violenza della realtà è l’unica vera novità stilistica di FRONTIER(S), per il resto si tratta di un buon minestrone di classici come Non aprite quella porta e La casa dei mille corpi in puro stile nouveau horror francese. Anche lo stesso Gens, presente all’antepirma internazionale di Ravenna, lo ha affermato dicendo che voleva fare un Non aprite quella porta francese. Insomma muoversi su stilemi classici per far presa sicura. Opinabile? Se il risultato è buono solo sino a un certo punto.
Fa piacere è trovare un horror europeo, distribuito dalla Moviemax, realizzato e confezionato (parliamo di 120.0000 euro di budget) come se fosse un buon action-movie americano. Da citare anche la presenza del maestro Luc Besson nei panni di produttore, da sempre amante dei progetti bizzarri. Un plauso doveroso va fatto a Karina Testa, l’eroina femminile del film, veramente sconvolgente nella sua interpretazione ossessiva, dolorosa ma mai eccessiva.