FIABA D’AMORE – Antonio Moresco
Un vecchio barbone che si è ritirato dalla vita vive completamente solo, trascinandosi da un marciapiede all’altro. Un giorno, però, così, all’improvviso, una bellissima ragazza coglie il suo sguardo e lo porta con sé a casa. I due attraverseranno tutta la vita e tutta la morte prima di rincontrarsi lì, in un letto caldo del calore dei loro corpi, abbracciati.
Fiaba d’amore parla di quello spiraglio che non va lasciato chiudere, di quel buchetto attraverso il quale si deve – dobbiamo assolutamente – lasciare che passi quella verità che non va taciuta per nulla al mondo. Tappare quella verità significa lasciarsi andare, significa piegarsi mollemente alle leggi vili e terribili della natura, significa smettere di lottare per qualcosa di più grande. Significa rintanarsi in quel piccolo posticino che la vita e la morte ci hanno riservato, e lì nascere e lì crescere e lì riprodurci e lì morire.
Smettere di lottare significa dire sì alla vita (e alla morte, che sono, in fondo, la stessa cosa) ed entrare a far parte di quel meccanismo così ben codificato che non fa altro che ricordarci quanto siamo piccoli e insignificanti e, più di tutto, quanto pronti siamo a piegarci alla nostra piccolezza e alla nostra insignificanza pur di scavarci, anche noi, la nostra piccola buca, nella quale passare esistenze del tutto asservite e del tutto complici di quel gioco al massacro che è la vita. E Antonio Moresco (come diceva di sé anche il grande Melville) è l’uomo del no, è lo scrittore che oppone tutto se stesso all’umana piccolezza, all’umana insignificanza, nel tentativo (in questo Fiaba d’amore, premiato) di sfondare la vita e la morte.
E, in questo suo ultimo breve romanzo, la cruna attraverso la quale far passare questa verità grondante sangue è l’amore, l’illusione che due corpi che si amano e che sono tutto l’uno per l’altro possano sovvertire ogni legge preesistente, oltrepassare la vita e la morte; immolare ogni più infinitesimale pezzettino di sé affinché quella cosa che chiamiamo illusione, rischiarata dalla luce del nostro sacrificio, possa sostituire ogni altra antica verità e, anzi, essere la sola unica verità possibile. Quella cruna è l’amore e quella cruna, come ama ricordarci lo stesso Moresco, è la letteratura. Il vecchio e la ragazza dovranno affrontare tutta la vita e tutta la morte prima di capirlo, sporcare se stessi con lo stesso lordume davanti al quale nessuno può dirsi veramente estraneo, ma, nella loro predeterminazione e, più di tutto, nel loro coraggioso sacrificio, renderanno possibile l’impossibile, vero l’inimmaginabile.
Fiaba d’amore è un romanzo che, sicuramente, non è costato al suo autore il lavoro e l’applicazione dei suoi più grandi capolavori ma che, come d’altronde ogni singola riga scritta da Moresco, porta impresso in sé il sigillo di quel modo unico(innocente e crudele insieme) di rivelare il mondo e la verità. Moresco, scrittore grandissimo che, nel sottobosco editoriale italiano viene costantemente frainteso e svilito per ottusità o per invidia, ci regala un altro piccolo capolavoro. Un capolavoro che resterà, oltre la vita e oltre la morte.