FEDELE ALLA LINEA – Germano Maccioni
CCCP, CSI, PGR sono nomi che rievocano una porzione di storia della musica italiana, movimenti culturali espressi attraverso suoni e parole che agli albori degli anni ’80 animavano un underground ricco di humus. Giovanni Lindo Ferretti, (come una sirena) cantore e ammaliatore di queste “onde”, si racconta di fronte alla telecamera di Germano Maccioni in un dialogo aperto e ricco di significati.
“La storia dei CCCP nasce da tante cose, soprattutto dalla voglia per noi di essere in positivo rispetto al mondo e non in negativo, perché ognuno di noi a suo modo aveva sperimentato tutti i suoi possibili negativi, il tendere all’autodistruzione con una cosa, con l’altra, e nessuno di noi ne aveva più voglia“. Quali migliori parole per descrivere un pensiero che si tramuta in musica? Ferretti, nato in un contesto culturale fervido come quello dell’Emilia Romagna, parla di se stesso e della propria evoluzione nel tempo senza mai voler salire su un palco, come nella realtà, ma sedendosi di fianco allo spettatore, di fronte ad una bottiglia di vino, per narrargli una storia. La sua.
La casa del musicista diviene anfratto dove accompagnare lo spettatore, attraverso echi di tradizione folcloristica e rimandi ad episodi di gioventù, in un prosieguo (a)temporale di musica incastonata in uno spazio ben definito della vita di Ferretti e della band, che in qualche modo risulta posta in secondo piano rispetto alla figura del cantautore. La malattia e la religiosità sono temi portanti che rientrano costantemente nel racconto dell’uomo, simboli di un percorso musicale e personale che hanno da sempre camminato a braccetto, divenendo elementi contestabili ma non per questo privi di importanza, specialmente in un così lungo sentiero. Fedele alla linea utilizza anche sperimentazioni visive per trascinare lo spettatore dietro le quinte, dopo che la band rientra sudata al finire di un concerto, immaginando e suggerendo un’intera carriera, un’intera vita.