ENCARNACAO DO DEMONIO – José Mojica Marins
Zè Do Caixão, dopo trent’anni di reclusione presso il reparto psichiatrico del penitenziario di Stato, viene liberato nonostante le remore e i dubbi che ruotano intorno alla sua figura. Malgrado sia stato dichiarato guarito, egli persevera in quello che da sempre è il suo unico obiettivo: Zé deve trovare la donna giusta che sia in grado di mettere al mondo il figlio perfetto, che possa portare avanti la sua eredità … il Male. Per scegliere coloro che saranno le elette, egli mette alla prova una serie di donne sottoponendole a terribili tormenti, sadici rituali macabri e torture incredibili.
Aiutato da Bruno, suo fedelissimo seguace, Zé organizza un rifugio in cui imprigiona e tortura le prescelte nei modi più cruenti che la mente umana sia in grado di immaginare: a una porta via lo scalpo, a un’altra cuce occhi e bocca, a una terza donna versa del formaggio fuso sul corpo per poi liberarvi un ratto che si insinua fin nelle più profonde fessure del suo corpo, mentre ne imprigiona un’altra nella carcassa di un maiale. Le vittime vengono drogate, mutilate costrette ad atti di cannibalismo verso il proprio corpo. Ma nonostante questo le ragazze si mettono nelle mani di Zé fiduciose, eseguono i suoi voleri, calme e tranquille. Zè sembra essere onnipotente, la sua voce rimbomba, il suo tono da predica mentre istruisce le donne non lascia trasparire la minima insicurezza. Zé è come un Dio. Mentre noi spettatori, siamo testimoni di una ferocia debordante in cui nulla è lasciato all’immaginazione, in cui ogni più piccola crudeltà ci viene mostrata nella sua interezza, senza tralasciare il benché minimo dettaglio.
Tra le donne che risultano essere degne di poter mettere al mondo il suo degno erede spicca Elena, forte, sicura di sé, che lo sfida, che decide di concedersi a lui come innamorata della sua potenza, dell’oscurità del cuore di Zé. I due si accoppiano sotto il corpo crocifisso della zia di Elena per poi giungere al’orgasmo subissati dal sangue.
Zè ne riemerge pulito asciutto in preda a un’allucinazione in cui incontra un angelo-demone, Mystifer, che lo accompagna nel Purgatorio mostrandogli orrori di ogni genere: si alternano crocifissioni, donne che divorano i genitali degli uomini, violenze e sadismo di ogni genere. Ma anche Zé ha le sue paure. È perseguitato da allucinazioni, gli appaiono i fantasmi delle sue vittime, nella sua mente il reale si sovrappone all’immaginario. Ma le allucinazioni lo spossano, lo spaventano: il potente, grande Zé ha bisogno di essere protetto, aiutato consolato. Intanto le vittime si sommano e la polizia è ormai sulle sue tracce.
Encarnação do demonio è l’epilogo di una storia cominciata nel 1966 con À Meia- Noite Levarei Sua Alma, (A mezzanotte prenderò la sua anima) e con Esta Noite Encarnerei No Teu Cadaver (Questa notte possiederò il tuo cadavere) del 1967. Zè do Caixão (tradotto letteralmente Giuseppe il cassamortaro) assume l’immagine tipica del personaggio scuro, cupo, sinistro. Il protagonista è vestito sempre di nero con un grosso cappello, mantello e un medaglione sul petto. Barba nera, voce cupa e profonda, unghie lunghissime. Oltre ad incutere paura solo a guardarlo, il protagonista della trilogia è un personaggio brutale, capace di compiere azioni dettate dalla più cruda follia, senza morale, senza religione, senza scrupoli né ragione. I suoi atti sono terrificanti, la sua ferocia senza limiti, cruda e sadica. Dei tre film Encarnação do demonio è sicuramente il più delirante.
Al di là delle mostruosità che il regista ci presenta nei suoi film, la cosa veramente inquietante è il fatto che Josè assomiglia molto al personaggio da lui interpretato. Spesso i loro nomi vengono confusi, José come Zé è un folle e degenerato, denominato “il regista più pazzo del mondo” capace di qualsiasi cosa per la riuscita dei suoi film, purché tutto sia il più reale possibile (come reali sono le sue unghie). In aperta concorrenza con Buñuel, egli vince in demenza, (basti pensare che ha ripreso l’operazione di un occhio malato per utilizzare la scena in uno dei suoi film, poi non realizzato). Attratto fin da piccolo dalla violenza, Josè è cresciuto nel cinema gestito dal padre, visionando liberamente ogni genere di film, prima di cominciare egli stesso a operare. Nella cultura brasiliana il regista è diventato “l’uomo nero”, sinistro, temuto dai suoi compaesani; come Zè, sottopone le attrici (oltretutto non professioniste) ad assurde prove. Lo stesso José afferma: “Nel film ci sono sensualità, torture, rettili, ci sono tremila scarafaggi e non sono cose realizzate al computer. Le donne sono state le più coraggiose. Sono attrici meravigliose”.
Anche lo stesso José si sottopone all’età di 72 anni (è nato la notte del venerdì 13 del 1936) a una prova impegnativa: denunciare una realtà cruda, forte come può essere quella di San Paolo, di mostrare le sofferenze di un paese, le paure di un uomo. “Siamo in momento in cui nella realtà si va oltre ogni limite: i padri abusano delle figlie. Ormai è Sodoma e Gomorra. La paura è di nuovo ovunque. Non abbiamo fatto Dracula, abbiamo fatto un film che parla del nostro folklore brasiliano, la macumba ha un suo suono che entra nelle orecchie. Sentirete questo suono”