DECODER – Muscha
L’assuefazione subliminale che diventa codice nel nostro inconscio si concretizza in questa pellicola dell’84, in una nozione di suono che attraversa il sentire e il vedere, diventando la sinfonia accompagnatrice delle nostre voglie e della nostra felicità.
L’oggetto desiderato, imposto sempre più con la forza, è quel mito quotidiano che ci possiede oramai in una latente febbre di dominio. Il bisogno di essere pari alla stessa conforme sostanza dei progressi del consumo e la difficoltà nella conquista di una comune crescita sono la qualifica che conferma il nostro status, in una fabbrica dove non si fa altro che mangiare e defecare senza coscienza. Ciò che è più vivo nella nostra sensibilità è quell’impulso visibile soltanto in quanto stato di veglia, che diventa sempre più reale tra le visioni emblematiche dei McDonald’s e dei fast food che tanto accompagnano il nostro stomaco (vero e proprio focus nell’evoluzione della specie, vero e proprio sostituto dell’ intelletto).
Muscha e Klaus Maeck (quest’ultimo artista poliedrico e personaggio di spicco della cultura underground amburghese dell’epoca) ci raccontano con Decoder la direzione verso cui ci sta trascinando l’invasa (in)coscienza della tecnologia applicata al mercato, profetizzando l’avvento di una “nuova mitologia” di cui siamo ferventi credenti. Oggi sosteniamo non più la parità d’opinione ma la parità del consumo. Restiamo assorti di fronte a quella bolgia affannata, affascinata dai colori delle vetrine e dell’informazione.
In passato qualcuno diceva “non guardare con gli occhi, guarda attraverso gli occhi“; ma quando la sensibilità perde d’individualismo e le domande si assottigliano in un’unica risposta, il consenso collettivo arriva ad una felice omologazione globale di infida disciplina. Per nostra sfortuna la percezione diversa delle cose non è di tutti. I geni non esistono, esiste chi si stanca e vuole cambiare, un fondamento che nella storia dell’ uomo è noto solo ad alcuni e Maeck, in questo caso, ce lo presenta con F.M. Einheit, il mitico percussionista degli Einsturzende Neubauten, teoricamente nelle vesti di se stesso.
F.M. è un hacker che scopre che nei locali della multinazionale H-Burger viene diffusa “Muzak”, una musica che condiziona i comportamenti dei clienti riducendoli a una massa acritica di pecore. Non tollerando più questo comportamento decide di decodificarla creando una antiMuzak diffondendola tra gli stessi locali, producendo reazioni violente di ribellione. F.M. viene indagato dai servizi segreti per questa rivolta. I personaggi del film sono avvolti da scene acide e visionarie dove il conscio e l’inconscio si combinano in un solo campo unitario. La trama e l’azione si perdono in una sorta di noir, dal sapore di muffa perso in luoghi fatiscenti ricchi di bizzarri auspici.
Nomi di grande cultura underground come Christiane Felscherinow, Bill Rice, Genesis P-Orridge e William Burroughs sono il condimento eccelso di quest’opera europea di grande stile, dove l’unione tra immagine e musica industrial ci descrivono pienamente quella Germania sub-culturale dai cantieri sempre aperti. Decoder è una sublime pellicola “Pirate Tape”, tanto per citare Derek Jarman, dove si riconoscono tutti quei fattori analogici portati all’estremo: composizioni musicali al “cut-up”, tecniche di “information warfare”, le musicassette master rosse e gialle e il monitor quale stargate di spionaggi onirici.
Metropoli(s), dove alcuni frammenti sparsi nel film ci (tras)portano forse alla maggiore ispirazione di quell’etica, indicandoci quanti sono gli occhi indiscreti e quanto nella vita non sia facile essere soli.
VOTO: 8/10
Soggetto e sceneggiatura: Klaus Maeck
Regia: Muscha
Musiche: Soft Cell, Einsturzende Neubauten, Matt Johnson ( The The ), Dave Ball and Genesis P-Orridge, William S. Burroughs, Christian F.
Interpreti: F.M. Einheit, Bill Rice, Christiane Vera Felscherinow, Britzhold Baron De Belle, Matthias Fuchs, William S. Burroughs, Genesis P-Orridge
Germania, 1984
Genere: Fantascienza
Curiosità:
Muzak: con questa parola gli inglesi indicano una cattiva musica, quella musica dai tornaconti commerciali e dal peso culturale pari a zero. In Italia, intorno alla metà degli anni 70, era una delle riviste musicali più attente al panorama alternativo. The Rolling Stones, Jimi Hendrix, Osanna, Banco del Mutuo Soccorso erano le realtà culturali più in vista di questo magazine. Il primo numero del 1973, ritrae Elton John in una delle sue performance.
Decoder: nel maggio del 1987, a Milano, nasce la rivista Decoder. Il nome della rivista prende proprio dal titolo del film. Il suo intento era di ipotizzare un uso sociale della cultura punk e post punk e delle reti telematiche. Sono stati tra i “ motori “ di spazi sociali come il Virus. Il nucleo era composto da Ermanno “Gomma” Guarneri, Giacomo Spazio, Zenga Kuren, Kix (Kikko) e Raf “Valvola”, una formazione che già dai primi tempi andò incontro a delle scissioni. La rivista oggi non è più in formato cartaceo ma è pienamente attiva sul web. Si occupano di editoria con la Shake Edizioni Underground.