DEAD MAN DOWN – Niels Arden Oplev
In una new York City crepuscolare e piovosa, l’attività criminale della banda di Alphonse (Terrence Howard, Crash – Contatto Fisico, Iron Man) detta legge e comanda proprietà ed occupazione degli immobili di molti quartieri. Nessuna persona ragionevole oserebbe intralciare i piani del violento boss, tanto meno minacciarne l’incolumità; eppure qualcuno il fegato ce l’ha e da tempo sta tormentando Alphonse, arrivando persino ad uccidere in maniera brutale e beffarda uno dei suoi uomini più fidati.
Il sospetto cade inizialmente su una banda di giamaicani che con Alphonse ha qualche conto in sospeso, ma la pista non sembra convincente. Che si tratti allora di un singolo, disperato cane sciolto?
E’ quello che dovranno scoprire gli stipendiati di Alphonse, tra cui figurano lo schivo Victor (Colin Farrell, In Bruges, Miami Vice) ed il suo amico fraterno Darcy (Dominic Cooper, An Education, Breakfast On Pluto). Mentre quest’ultimo si getta a capo chino alla ricerca dell’indiziato, Victor si fa distrarre dalla conoscenza della sua vicina di casa, Beatrice (Noomi Rapace, Uomini Che Odiano Le Donne, Prometheus), bellezza sfigurata da un incidente d’auto che lo distrae dai doveri di scagnozzo e lo incastra in un sordido ricatto: la donna, testimone di un omicidio commesso da Victor, rinuncerà a denunciarlo alla polizia soltanto se lui ucciderà l’uomo responsabile dell’incidente che le ha rovinato il viso e la vita.
Due vicende parallele, una di criminalità organizzata, l’altra di vendetta privata: il comune denominatore è un Colin Farrell sempre più lontano da rasoio e schiuma da barba e sempre più a suo agio nei panni del pistolero con l’aria abbacchiata, anche se qui totalmente privo del vincente humour di In Bruges. Spetta a lui impostare questo thriller d’azione scritto da J.H. Wyman (collaboratore di J.J. Abrams) e diretto da Niels Arden Oplev (Uomini Che Odiano Le Donne), che recupera la fida Rapace per il ruolo della dirimpettaia, sia fisica che recitativa, di Farrell. Se Victor, secondo Oplev, è il protagonista “mostrato come persona reale e non eroe da film d’azione” (in realtà mica tanto), Beatrice è ancor più convincente e realistica, un ritratto di dolore indelebile che rappresenta la figura più conturbante e controversa del film.
Già, il film: non è un caso che l’analisi parta dai personaggi ben caratterizzati e non dal core narrativo, perché seppur ben confezionato e dal buon ritmo Dead Man Down non offre nulla di nuovo ed è probabile che venga presto dimenticato con le uscite del mese successivo. Gli schemi base del thriller in salsa vendicativa e dell’action criminale vengono riproposti con cura e patina, ma senz’anima o guizzi di originalità.
La tematica della vendetta e la reciproca influenza fra affari (loschi) ed affetti sono scorci cinematografici ricorrenti, che in Dead Man Down mantengono un’innocua prudenza. Il recente exploit del pur sopravvalutato Drive (2011, Nicolas Winding Refn) si spiega con la scelta furbetta di un taglio tra l’orgoglio “indie” e il “cult” a tutti i costi, non certo per una particolare illuminazione narrativa. Dead Man Down non ha questo valore aggiunto, né lo cerca, anzi procede nella direzione opposta, con la lucida fotografia del canadese Paul Cameron a conferire al film un aspetto da blockbuster ed una serietà a tratti controproducente.
A sfiorare ogni tanto i toni da commedia ci pensa, con una partecipazione insolita e fuori schema, una stralunata Isabelle Huppert (Lezioni Di Piano, Amour) che sembra, quasi volontariamente, non immischiarsi troppo nelle vicende-cardine del film. Che, in tutto il tragitto verso l’agognata vendetta dei protagonisti, di sapore non ne hanno poi molto.