DAL PROFONDO – Valentina Zucco Pedicini
La Carbosulcis è una miniera di carbone, l’ultima rimasta in Sardegna e in Italia. Là sotto, cinquecento metri nelle viscere della terra, lavora anche Patrizia, l’unica minatrice del nostro Paese. E’ lei il simbolo e la voce di Dal Profondo, documentario della regista brindisina Valentina Pedicini. L’opera, forte del trionfo all’ultima edizione del Festival di Roma, ci spinge nel sottosuolo, lontani dalla vita che conosciamo, per scoprirne un’altra. La vita precaria e per molti aspetti sconosciuta dei minatori italiani.
Patrizia e gli altri protagonisti svelano pensieri e paure di ciò che chiamano “il senso della miniera”, la costellazione emotiva di una professione unica ma pericolosa. E, considerando l’attualità, in via di estinzione. La Carbosulcis ha infatti rischiato, nel novembre del 2012, di terminare la sua attività e solo la strenua occupazione dei suoi 150 minatori ne ha temporaneamente impedito la chiusura. I lavoratori della miniera sembrano dei reduci, cercano di tenersi stretti un lavoro di cui conoscono le insidie e i sacrifici che esso richiede. Il loro è un poetico e demodé incrocio fra orgoglio e voglia di fuggire da quel luogo, che assume le sembianze di un antico, oscuro e silenzioso Dio.
Patrizia, figlia d’arte, parla al padre come se fosse ancora lì con lei. La donna è il simbolo del film e della categoria, sarà per il suo genere, convenzionalmente difficile da associare alla fatica, allo stremo delle forze e al logorio del fisico, sarà perché i suoi occhi, scintillanti di blu e contornati dai segni del tempo e del lavoro, dicono molto più delle parole. La Pedicini immerge se stessa e l’occhio della telecamera nelle profondità per ventisei giorni, evitando il più possibile incursioni invasive, osservando religiosamente il lavoro e le pratiche dei minatori, per svelarne l’ambiguo rapporto con il loro ambiente di lavoro. Che, grazie al suo sguardo puntuale ed intimo, riusciamo a vivere vividamente anche noi.
Il nipote di Patrizia, anch’egli lavoratore della Carbosulcis, sintetizza come meglio non potrebbe la bipolarità del loro stato: “Ho 25 anni, posso ancora cambiare, e la sera sappiamo bene cosa ci esce dal naso … tanto poi la chiuderanno, non ne vale più la pena”. Senza nessun intento propagandistico, politico o di proselitismo, Dal Profondo trascina verso quello che dovrebbe essere il vero e sincero punto di arrivo del documentario cinematografico: un angolo di realtà di cui nessuno ci aveva ancora parlato. Che piaccia o meno, che alla fine della visione prevalga la paura del buio o l’amore per la professione, ora sappiamo cosa succede laggiù.