COSMOPOLIS – David Cronenberg
Eric Packer è un golden boy dell’alta finanza, un tipo meticoloso, ossessivo, uno dal carattere tosto che non guarda in faccia nessuno, uno che ha costruito il suo impero basandosi sul proprio talento. Ora si trova al vertice e, dall’alto del suo castello finanziario, scruta le innumerevoli formiche del genere umano che, come tante pedine, si spostano per andare a lavorare. Uguali, silenti, in lento movimento verso il proprio destino.
Il suo castello, la sua casa è una limousine bianca. Dal suo interno Eric direziona gli ordini e attraversa la città di New York, proprio nel bel mezzo di una visita del presidente degli Stati Uniti. La limousine è l’unica roccaforte di salvezza, il bozzolo che lo protegge dagli attacchi esterni di un mondo che ha fame e reclama gran voce quanto gli spetta. Così la limousine da Castello si tramuta in vascello che attraversa il fiume del tempo consegnandolo alle gelide mani della morte.
Ad Eric tutto ciò non importa, l’unico motivo che lo sospinge apparentemente nella giornata è “sistemare il taglio di capelli”. Non gli importa che il suo impero, archetipo del capitalismo, stia crollando, né che qualcuno voglia (fisicamente) farlo fuori. La sua esistenza è ormai svuotata da qualsiasi sentimento, non un’emozione, un sorriso o una lacrima ne solcano il viso, neanche la sua donna riesce più a ricordargli di quando era un uomo. Eric conduce il vascello consapevole che alla fine del suo percorso vi troverà soltanto le cascate che lo condurranno a fine certa.
David Cronenberg raccoglie le righe tracciate nel romanzo di Don DeLillo, le riadatta per il grande schermo in maniera non canonica, riportandone quasi pedissequamente i lunghi dialoghi e regalando allo spettatore un film dalla forte impronta autoriale ma, forse, più adatto al teatro che al cinema. Comunque, in un periodo come questo, ricco di pellicole dal montaggio frenetico, non può che far bene allo spettatore cercare di assorbire tutti i 108 minuti costruiti su ansia, tensione e attese oserei dire di stampo beckettiano. Un applauso alla interpretazione di Robert Pattinson, perfetto nel ruolo dell’algido e freddo magnate Eric Parker, incarnante una tipologia di persona, guru dell’alta finanza, veramente esistente nel florido ambiente capitalistico internazionale.