COPLAND – James Mangold
Garrison è un piccolo paese confinato nel New Jersey, uno di quei buchi piazzati in mezzo al nulla che diviene oasi per un manipolo di poliziotti corrotti che sono stai bravi a fuggire dalla metropoli per dare rifugio ai propri cari. Freddy (Sylvester Stallone) è lo sceriffo di Harrison, un bonaccione sordo da un orecchio che inizia ad aprire gli occhi.
Uno sceriffo (Robert De Niro) approda in città dopo che un poliziotto finge di gettarsi da un ponte, in seguito ad un errore che gli ha fatto uccidere due persone innocenti, e finisce coperto da Ray (Harvey Keitel) in quel di Garrison. Il clima si arroventa quando le indagini proseguono e Freddy inizia a non farcela più a sopportare la melma della corruzione.
Copland, la città degli sbirri, è un poliziesco dalle tinte noir capace di inondare una intera città in una pozza fa cui è impossibile emergere, se non da cadavere galleggiante. Una cittadina talmente marcia da riuscire a ridestare anche una brava persona come Freddy, instillandogli un germe che l’uomo non desidera tener dentro, anche a costo di lasciar saltare il delicato e complesso sistema di accordi politici che ne tengono vive le fondamenta.
Fortemente voluto da James Mangold, qui anche autore dello script oltre che regista, Copland si riempie di attori di fascia superiore, incluso un Sylvester Stallone perfetto nel ruolo (e desideroso di dare una svolta ad una tremolante carriera), per generare un forte attrito tra le emozioni, qui per forza contrastanti. Non vi è un personaggio chiaramente “buono” o “cattivo”, anche l’essere un po’ tonto di Freddy viene condannato, in quanto l’omertà ribolle nelle case di ogni cittadino di Garrison. Corruzione e rassegnazione, paura e odio, tristezza e desiderio di rivalsa, si rincorrono in una città cupa, dove aver paura del proprio vicino di casa è un tabù e dove anime perse si incontrano in cerca di fuga dalla dannazione eterna.