La sperimentazione sonora come di impatto scenico è quanto proposto dagli Ideogram, cinque musicisti le cui identità sono celate dalle maschere, i cui nomi rappresentano ideogrammi caratteristici della realtà teatrale e dal profondo significato storico e ideologico: Opera, Kabuki, Grand Guignol, Absurd e Mime. Rise the curtain è il prodotto del loro show.
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Nuovo disco per l’artista svedese Andreas Hedlund, meglio conosciuto come Vintersorg (anche nei Borknagar e Otyg), dal titolo Solens Rötter sempre per Napalm Records. Innanzitutto è bene precisare che per tutti coloro che già conoscono le sue opere, questo album non fa altro che aggiungere un tassello al mosaico sonoro e tematico iniziato quasi 10 anni fa con l’EP Hedniskhjartad e del quale l’ultima mossa era stata il buono The Focusing Blur di tre anni fa. Naturalmente con tutta la genialità che sono propri di un certo modo di sentire la musica che predilige uscite non chiassose e più intimiste, ma che sprizzano qualità da ogni traccia.
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La finlandia diviene ancora una volta portavoce di un pattern talmente potente da risuonare in tutta l’Europa, così atmosferico da adagiarci in un velo di calma; sono gli Shade Empire, al loro quarto album. Omega Arcane è distante dal precedente Zero Nexus, si spoglia delle influenze industrial e della sfrenata mattanza black metal orchestrale per abbracciare un sound più caldo e, al contempo, complesso.
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Aggiungono un altro tassello alla propria proposta musicale gli svedesi capitanati da Daniel Gildenlow, attivi sul mercato sin dal 1997 con la prima release Entropia. Dopo il controverso Be aprono le danze del 2007 con un disco, lasciatemelo dire immediatamente, inferiore ai precedenti.
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Posted settembre 11th, 2012. Add a comment
L’artista svedese Andreas Hedlund, meglio conosciuto come Vintersorg (anche nei Borknagar e Otyg), ogni tanto persegue la strada solista, come in questo album dal titolo Solens Rötter uscito per la Napalm Records.
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Proseguendo l’evoluzione che li ha trascinati dal dark-black degli esordi all’attuale miscuglio di industrial-elettronica e heavy metal i Samael espletano pienamente il significato della parola evoluzione. Sono stati capaci di cambiare, mettersi in gioco alle volte intuendo in tempo il trend che avrebbe imboccato il mercato, altre volte compiendo scelte che avrebbero potuto siglare il loro suicidio. Tuttavia il fatto che a distanza di 16 anni da Worship Ritual si continui a parlare di loro, palesa la bontà della proposta che tutt’oggi gli svizzeri riescono a lanciare in pasto ai fan.
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Una delle recensioni più difficili che mi siano mai capitate tra le mani. La premessa è obbligatoria: il debut album “Back to the time of splendor” l’ho amato alla follia per merito delle intuizioni geniali insite nelle composizioni stesse, articolate tramite diversi respiri incapaci di annoiare l’ascoltatore anche nello stesso svisceramento della forma canzone convenzionale. L’ottimo ed originale connubio tra parti progressive e death, malinconiche e ariose, acustiche o elettriche, thrash o genuinamente rock progressivo, non si perdeva mai in un contenitore troppo stretto per mantenere tutto, ma si dilatava fino agli estremi fisici del mezzo, profondendo freschezza innaturale in ogni brano.
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Dopo l’abbandono di Patterson ed il passaggio dello scettro a Mick Moss i dubbi sul futuro della band avevano assunto una concretezza di rilievo, le prime insinuazioni negative fioccavano, la fine di una importante band sembrava alle porte; tuttavia “Leaving Eden” non solo spazza via ogni supposizione negativa, ma si fregia anche del titolo di nuovo capolavoro degli Antimatter.
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