CANE DI PAGLIA – Sam Peckinpah
David, un professore di matematica alienato, e la moglie Amy si isolano nelle campagne del paese natìo della donna. Come succede nei piccoli paesini ove la monotonia regna sovrana, l’arrivo della coppia genera curiosità. Per i compaesani le finestre di casa loro diventano schermo su cui viene proiettato un quotidiano diversivo.
Un quotidiano un po’ piatto e noioso secondo Amy che, tornata al paese d’origine, stuzzica gli appetiti dei giovani del paese, sentendosi osservata e desiderata. Tra di essi, alcuni assunti da David per le riparazioni in casa. Amy si diverte a provocarli, soprattutto uno, il suo primo amore, un muratore forte e istintivo, secondo lei in grado di sopperire alle mancanze e al piattume della propria vita, causato soprattutto da un marito mansueto e pigro.
David d’altro canto, per il suo modo di fare dimesso, timido e per la sua aria da prof imbranato, attira subito l’attenzione dei bulletti del paese che cominciano a pungolarlo. Entrano nella sua casa, uccidono la gatta, violentano la sua donna che esorta il marito a ribellarsi, a farsi rispettare. Ma David ancora non reagisce. Si limita a licenziarli, ad allontanarli seguendo le regole, finchè un giorno le cose prendono una nuova strada.
Una ragazzetta seduce lo scemo del villaggio, Henry,che in preda al panico la uccide involontariamente, per poi scappare. I paesani, ubriachi, insensati e armati lo cercano in ogni dove. Henry finisce sotto la macchina di David che lo porta a casa sua per nasconderlo. Gli abitanti del paese, scoperta la cosa, assediano la casa, Amy esorta David a consegnare Henry ma l’uomo, fedele al suo stile di vita e al suo senso di giustizia, rifiuta dando inizio ad una vera e propria battaglia.
Tratto dal romanzo The Siege of Trencher’s Farm di Gordon Williams, libro definito dal regista stesso “un vomito”, Cane di paglia è uno splendido affresco di forma-violenza. Anzi è proprio la violenza la protagonista: i ragazzotti del paese la perpetrano su un simbolo di tranquillità come il professore e la moglie. Sam Peckinpah ci mostra cosa succede a un “Cane di paglia” che zitto zitto subisce soprusi e ingerenze sempre più pesanti da un gruppo di disadattati e frustrati catturati in un paesino in cui non si hanno alternative, in un mondo in cui vige ignoranza e noia. Un gruppo che per farsi valere non ha altro strumento che l’arroganza e la violenza. E poi c’è David, un uomo che ha raggiunto una sorta di serenità, ha un lavoro che adora, una moglie, una casa, un suo equilibrio, un uomo che si accontenta di vivere in pace. D’altro canto Amy conosce quei ragazzi, conosce il paese, ha il medesimo background e in fondo è un po’ come loro. Sciocca bambina che mette l’osso di fronte a un branco di lupi affamati.
Sam Peckinpah sa che nessuno è davvero “Cane di Paglia”, tutti hanno una miccia da accendere, in alcune persone è solo più nascosta che in altre, ma quando si accende … si può raggiungere l’apoteosi della rivalsa. David getta all’aria ogni regola e risponde alle bestie con bestialità, diviene vittima e artefice di caos, si lascia sopraffare dall’istinto di conservazione, diviene astuto e ben più riflessivo dei suoi nemici e trova serenità alla fine del suo sfogo. Epica la scena finale in cui sia David che Henry sorridono di fronte a un futuro sconosciuto, sorridono perché finalmente liberi, non solo dai loro nemici ma anche dai freni inibitori fino a quel momento imposti.
Peckinpah porta avanti una polemica se vogliamo atipica per i suoi standard, mette in bocca agli attori frasi quasi buttate lì, frasi senza le quali il film avrebbe funzionato lo stesso ma che trascinano una poco velata ideologia. “Le piacciono queste parti?” … “Moltissimo…” (risponde David) … “Ho sentito che è un brutto momento per l’America. Ha assistito a qualche episodio, scioperi, rivolte, esplosioni, negri che si ribellano? Non si può camminare per le strade a quel che dicono. Ci si è mai trovato in mezzo? Lei per chi parteggia? Ha visto scene di violenza?”. “Solo nei film europei!” risponde David, come a voler criticare gli uomini del posto così come il cinema europeo, sempre più superficiale rispetto a quello Americano.
Ma il dibattito non si limita a questo, nell’eterna diatriba tra chiesa e scienza il regista critica le violenze perpetuate in nome di Dio. “Radiazioni, ecco un regaluccio che si poteva evitare. Prima fra tutte l’atomica. Come scienziato lei non può rifiutarne la responsabilità.” La risposta di David è tagliente: “E lei? In nessun altro regno c’è stato tanto spargimento di sangue come in quello di Cristo”.
Tra i vari spunti, la tematica che esce con maggior prepotenza è legata alla scena dello stupro. Nonostante il buon successo di pubblico (anche per le proclamate scene di violenza) Cane di paglia fu censurato all’epoca (1971) come oggi nel palinsesto italiano. Moltissime critiche sono state fatte al comportamento ambiguo di Amy, quasi sibillina nel suo “attirare” gli stupratori e stranamente vispa nello sguardo proprio nel momento della violenza.