BABADOOK – Jennifer Kent
Amelia è una madre single che ha perso il marito proprio il giorno in cui è nato suo figlio, mentre stavano andando in ospedale. Samuel, il bambino, soffre di piccoli problemi di comportamento, che lo portano ad essere isolato dagli altri bambini: è convinto, tra l’altro, che dei mostri minaccino lui e sua madre. Una sera, durante il rituale della lettura di fiabe prima di dormire, Samuel chiede a sua madre che gli legga un libro animato, che la mamma non ricordava di avere …
L’idea di un libro per bambini maligno (“Babadook” è anagramma di “A Bad Book”, oltre ad avere un’assonanza con il termine “Babaroga”, che in serbo indica una sorta di vecchia strega), non è originalissima, ma qui viene resa molto accattivante. Purtroppo il libro come protagonista viene accantonato quasi subito, sostituito da … beh, in realtà sembra che non lo abbia capito nemmeno la regista. Nonostante la tradizione Oceaniana cinematografica sia ormai più che consolidata, questo film sembra partorito da un gruppo di ragazzini volenterosi, ma inesperti e con le idee parecchio confuse.
Cosa sia Babadook non si capisce davvero, ma questo potrebbe anche starci; quello che non regge, nel film, è il mescolare continuamente un pentolone di tanti elementi a cui non si dà significato. Se il basso budget potrebbe giustificare l’utilizzo ridicolo di alcuni effetti speciali, non giustifica il continuo traballare di tutto il film: si percepisce perfettamente che i soldini per comprare un libro usato da mettere come zeppa al tavolino della sceneggiatura non mancavano. O avrebbero potuto usare la serie di commenti positivi che giravano da mesi, come quelli di William “L’esorcista ha quarant’anni e se li porta meglio di Babadook” Friedkin e Stephen “Ho un’opinione anche sulla carta igienica” King (perdonami, sommo maestro, ti voglio bene, ma che ti è preso?), che, è evidente, stanno passando davvero un brutto periodo.
Qualche scena interessante è presente, qualcosa di originale si intravede, ma il tutto è condito da una devastante disorganizzazione e da una serie di personaggi inutili, come la vicina di casa e qualche altro contorno fuori posto: c’è pure un personaggio (Robbie, collega di Amelia) che sparisce addirittura durante una scena, per sempre, e non c’entra il mostro! Inoltre, la trama segue un filo principale drammatico, che confonde lo spettatore, che non sa più se deve essere spaventato o triste o angosciato (alla fine lo scoprirà, purtroppo). E non si pensi che questo sia un punto di forza, perché risulta disonesto e fuorviante. L’attore che interpreta il bambino, però, è magistralmente bravo.
Curiosità: la scena che fa più paura di tutto il film è quella tratta dal capolavoro di Mario Bava, I Tre Volti della Paura, che si vede andare in onda su un televisore.