APOCALYPSE ZOMBIE – Alexi Redz
Un’improvvisa quanto fulminea epidemia riduce l’intera popolazione mondiale in morti viventi, eccezion fatta per un gruppo di cinque giovani depressi. Il piccolo gruppo trova facile rifugio nei box di un parcheggio sotterraneo, mentre fuori il mondo continua a decomporsi. Come nella più classica delle tradizioni ma in maniera più che mai tediosa, l’improvvisato bunker diventerà presto mausoleo per alcuni dei sopravvissuti quando, senza rancore, i morti viventi riusciranno a trovare il modo di penetrarlo. Uno zombie-teenage-movie dal finale tragico-amaro.
Alexi Redz, autore e interprete di Apocalypse Zombie, di film sui morti che camminano deve averne visti tanti. E deve sicuramente essere rimasto profondamente affascinato dalle atmosfere claustrofobiche romeriane. Luoghi della vita quotidiana che si trasformano in rifugio/prigione per gruppi di sparuti persone che tentano, invano, di resistere al dilagarsi del virus. Redz ne rimane così affascinato che decide di girare un lavoro amatoriale, proprio cercando di riproporre, adattandole ai luoghi a lui quotidiani, le stesse atmosfere e le stesse paure.
Purtroppo, però, il regista non riesce a seguire i consigli del suo senso dell’autocontrollo e decide di proporre al pubblico un interminabile Apocalypse Zombie. Sette parti da dieci minuti circa cadauna: un lungometraggio girato con mezzi amatoriali e senza nessuna tecnica (né attoriale, né registica), dove i Gore&Candy Productions ripercorrono, in maniera apocrifa e scalcinata, le tappe fondamentali di un cult horror sugli zombies: il piccolo gruppo di sopravvissuti che si ritrova casualmente nello stesso posto, momenti di vita quotidiana nel bunker, affetti e odi tra i facenti parte del gruppo, spedizioni in cerca di cibo e, per finire, penetrazione dei morti viventi nel rifugio e decimazione dei sopravvissuti.
Apocalypse Zombie non regala nulla allo spettatore comune; si potrebbe fare un discorso a parte per amici e parenti dei Gore&Candy [che possono,magari, provare un piacere tutto personale a rivedere, in versione post-apocalittica, i posti e le persone con cui condividono la vita di tutti i giorni], ma dubito che anche questi ultimi abbiano appoggiato la scelta del regista di dilungarsi in un film di più di un’ora, senza avere né i mezzi, né così tante idee da esporre.
Il film di Redz annoia e non tanto perché gli zombies non sono affatto credibili (invece di usare maschere di carnevale fatte di plasticone e pelazzi, avrebbe potuto semplicemente usare del cerone, o dei fondotinta…), o perché gli “attori” sono del tutto fuori parte, ma perché non c’è assolutamente carne sul fuoco per giustificare una tale durata. Avrei consigliato all’autore di condensare il suo amore per gli zombie-movie e le sue idee in un cortometraggio breve, dove placare le voglie citazionistiche e allenare tecnica e improvvisazione, senza risultare troppo invasivo e traballante.
Da vedere, per farsi due risate tra amici, la scena in cui une delle protagoniste cade in mano a due zombies e, mentre i due le strappano via le braccia, l’atmosfera si accende con “Don’t stop me now” dei Queen.